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Nella Bolla – Recensione, uno specchio che non riflette abbastanza

La pandemia ha senza dubbio influito sulle nostre vite, traslando altrove non soltanto le nostre abitudini private, ma influendo anche sull’approccio commerciale e sociale rispetto al mondo che ci circonda. Tutto questo ritorna in Nella Bolla (The Buble in originale), film targato Netflix di cui oggi vi proponiamo la nostra recensione. Come appena detto l’impatto di questo virus ormai parte della nostra vita, è stato più vasto di quanto non ci si aspettasse, al punto da mettere in crisi interi settori tra qui anche quello dell’intrattenimento e soprattutto del cinema. Quest’ultimo ha dovuto adattarsi a tantissime limitazioni non soltanto dal punto di vista creativo e produttivo, ma anche dal punto di vista commerciale e della fruizione del pubblico. Come si è arrivati a dove siamo adesso? Quali sono stati gli step e le paure di una macchina “mangia soldi” come questa? Quali le rinunce e le paure specialmente dei primi tempi?

Una bolla che tutti bene o male conosciamo 

La trama di questo Nella Bolla, in realtà, è semplicissima: alcuni attori devono girare un film sui dinosauri, precisamente il sesto film di una saga dal nome “Cliff Beasts”, e si ritrovano a dover lavorare durante i primi periodi della pandemia da covid-19. Tutto ciò spingerà la produzione e i finanziatori a lavorare con il cast lontano dalla civiltà, in una struttura protetta che tuteli sia loro che le riprese stesse. La quasi totalità della pellicola è infatti girata all’interno del grande hotel in cui gli attori stessi sono stati rinchiusi, mostrandoci la loro routine personale, i momenti d’isolamento, tutti i test e controlli cui sono sottoposti, e alcune scene sul set. Nel suo film Judd Apatow innesta non soltanto quello che vorrebbe essere lo specchio di un periodo storico preciso, ma anche tutta una serie di riflessioni satiriche sul mondo del cinema contemporaneo, sul lavoro stesso degli attori, sul modo in cui il mondo di internet sia subentrato a quello delle agenzie di un tempo, sulla fama, sulla propria identità e sul rapporto che una certa fetta di pubblico continua a intrattenere con una certa tipologia di film essenzialmente vuoti.

Nella Bolla recensione

Nella Bolla resta comunque un film demenziale, è bene specificarlo subito in questa recensione, una storia che esagera tantissimo in tutte le sue dinamiche, citando anche alcuni momenti cult del cinema che tutti noi conosciamo, e aprendo la strada a sviluppi interessanti senza però mai troppo approfondirli. Il fatto che “questo film vada girato a tutti i costi”, il film all’interno della trama ovviamente, consente alla sceneggiatura di trasportare i vari protagonisti in un contesto in cui ogni cosa viene estremizzato, sempre con leggerezza, delineando un certo cinismo fra una risata e l’altra. Fondamentale in ciò è il rapporto che s’instaura sia fra la produzione e gli attori che fra gli attori e il set stesso. Sembrano tutti dei bambini viziati in sostanza, bambini che tentano di “liberarsi” da qualcosa che non comprendono totalmente. Il pessimo rapporto suddetto si protrae per l’intera pellicola conducendo anche ad accenni interessanti ben presto sostituiti da scelte narrative piuttosto bizzarre e no sense. 

Questa resta forse la più grande pecca di Nella Bolla che avrebbe potuto osare di più con il proprio materiale, avendo a disposizione un grande cast di attori che qui non vengono neanche sfruttati fino in fondo, tutto l’opposto, per fare un esempio, di ciò che abbiamo visto nella recensione di Spencer. La critica al sistema cinematografico reta palese, ma mai veramente incisiva, mai canalizzata in un ragionamento che diventa azione concreta e svolta di trama oltre lo schermo stesso. In tutto ciò abbiamo la paura verso un presente che tutti noi conosciamo fatto di tamponi e distanziamento sociale, di incertezza verso il futuro e verso se stessi traslato in un contesto che ci appare anche familiare e ben trasposto dal punto di vista emotivo. Karen Gillian, Iris Apatow, Fred Armisen, David Duchovny, Pedro Pascal, sono soltanto alcuni dei nomi di questo cast che purtroppo non sfrutta pienamente la propria coralità, arrivando a delineare delle “maschere” che restano tali dall’inizio alla fine, con un a crescita minima e una svolta finale che resta cinica, forse anche volutamente.

Nella Bolla recensione

Smontare le cose 

Nella Bolla offre ai suoi spettatori due elementi sicuramente curiosi, un cinismo verso il mondo delle grandi produzioni cinematografiche, e – come vedremo tra poco nella recensione – un approccio estetico che tende a smontare il suo stesso contesto. Dal punto di vista formale, in effetti, non c’è moltissimo di cui parlare, al di fuori del modo in cui il regista stesso inquadra il contesto lavorativo in cui il “film nel film” prende vita. Il set su cui si muovono gli attori, gli effetti speciali, la rappresentazione del processo creativo in fase di scrittura, il modo in cui vengono realizzate anche le sequenze di lotta, tutto esiste in funzione di una “dissociazione” di fondo. L’obiettivo principale resta quello di smontare da ogni velleità artistica la composizione figurativa generale, spogliando i Blockbuster stessi, mettendoli a nudo davanti agli spettatori. In questo il film riesce pienamente, anche se non risulta troppo originale e inedito. Ne fuoriesce comunque un conteso preciso in cui nessuno viene risparmiato, pur senza eccessive esagerazioni critiche. La leggerezza di fondo, infatti, resta immutata e forse in alcuni momenti che avrebbero necessitato un approccio più duro, stona con le riflessioni generali a muovere i fili del film.

Nella Bolla

6.5

Nella Bolla è uno di quei film che si origina da un'idea anche interessante, per poi giocarsi le sue carte in modo del tutto inaspettato. La scelta di ambientare il tutto in un presente familiare resta anche affascinante, condendo il materiale di partenza con una storia di fondo che tocca le corde del mezzo cinematografico meno artistiche e umane. Il fatto di avere un grande cast a disposizione però non è una garanzia di riuscita, specialmente quando questo cast non viene sfruttato al cento percento. Ne resta un prodotto dalle fattezze interessanti ma preminentemente demenziali nel loro porsi, uno sguardo al mondo del cinema familiare ma che comunque strappa una risata intrattenendo. Certo, con un po' di cinismo in più e una scrittura maggiormente incisiva avremmo avuto fra le mani un prodotto sicuramente più memorabile.;s

Nicholas Massa
Adora i videogiochi e il cinema fin dalla più tenera età e a volte si ritrova a rifletterci su... Forse anche troppo. La scrittura resta un'altra costante della sua vita. Ha pubblicato due romanzi (a vent'anni e venti quattro) cominciando a lavorare sul web con varie realtà editoriali (siti, blog, testate giornalistiche), relazionandosi con un mondo che non ha più abbandonato.

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