Il soffitto, nell’ecosistema smart home, è rimasto l’ultima frontiera. Finora Nanoleaf aveva colonizzato pareti, scrivanie e perfino retro-TV, ma le plafoniere erano ancora terreno di lampadine tradizionali o di LED strip artigianali. Con Nanoleaf Skylight la casa canadese decide di salire di quota: un kit modulare hard-wired che promette di unire l’effetto “wow” dei Light Panels alla fruibilità di una luce da soggiorno. Tre pannelli di partenza costano circa 230€, un prezzo non esagerato e con una concorrenza quasi inesistente. Vale la pena forare il cartongesso e affidare l’illuminazione di una stanza a dei quadrati di plastica da dodici pollici? Dopo aver passato qualche periodo con un layout da nove moduli, abbiamo capito dove Skylight brilla davvero, e dove invece mostra un po’ il fianco.
Design e filosofia modulare
Visivamente, ogni tile è un quadrato bianco lucido da 30 cm per lato, spessore due dita. Spento, ricorda un diffusore opalino tradizionale, mentre da acceso libera gli stessi sedici milioni di colori già visti sui Canvas. Il materiale è un policarbonato più riflettente rispetto ai pannelli da parete, e si fonde bene su un soffitto bianco (o pannelli, come nel nostro caso). In ambienti vintage o con stucchi invece potrebbe lievemente stonare. La modularità permette fino a novantanove estensioni su un unico controller: linee rette, serpentine o matrici 3×3, purché il cablaggio segua la sequenza maschio-femmina dei connettori proprietari. Ogni tile eroga 1400 lumen di luce bianca.
Installazione, resa e consumi
Nanoleaf pubblicizza Skylight come compatibile col montaggio DIY, ma la realtà è più sfumata. Il primo passo è fissare al soffitto la piastra metallica del Main Controller e collegare fase-neutro dalla linea esistente: operazione semplice se avete già sostituito un lampadario, potenzialmente letale se ignorate i fondamentali. Con interruttore e magnetotermico spenti, si collegano i cavi, poi si monta il diffusore plastico. Ogni modulo richiede quattro viti a secco e altrettanti tasselli: Nanoleaf include ancore in plastica, che all’occorrenza potrete rinforzare.
Una volta posato il blocco principale, gli altri tile si connettono in cascata attraverso terminali a molla e cavetti piatti. Il lavoro vero non è l’elettrico, quanto l’allineamento geometrico: segnare i fori con la dima, mantenere le distanze, nascondere i cavi in eccesso dietro al cartongesso. Il dover fare queste manovre mentre si è in alto potrebbe risultare un po’ ostico, quindi è necessario prepararsi a dovere.
L’ultimo passo è scansionare il codice HomeKit e alimentare. I pannelli si illuminano gradualmente fino a massimo, segnalando la corretta sincronizzazione Wi-Fi 2,4 GHz. Se la rete usa SSID unificati 2,4+5 GHz, potreste dover temporaneamente disabilitare il 5 GHz sul router.
Chi frequenta la piattaforma sa che l’app Nanoleaf oscilla tra genialità e caos quantistico. Il catalogo scene è sterminato: Sun Shower simula raggi che filtrano attraverso nuvole, Shooting Stars disegna scie luminose diagonali, la funzione AI genera palette da prompt testuali (“pink sunset” produce sfumature corallo-indaco). Ogni tile può mostrare colore indipendente, con una transizione tra LED interni davvero affascinante. In bianco puro inoltre la resa è impeccabile: CRI elevato, flicker assente, uniformità degna di una plafoniera professionale.
Tra le caratteristiche più immersive troviamo la variabilità del colore e la “risposta” ai suoni, con i sensori che rileveranno le onde sonore e reagiranno di conseguenza, magari andando a ritmo di musica creando coreografie di luci, o rafforzando gli effetti sonori (ad esempio un tuono, o un sottofondo simile).
Ogni tile assorbe 16W a piena potenza. Il nostro layout da nove moduli impegna circa 145W, un consumo tutto sommato abbordabile se si pensa all’utilizzo versatile che ne abbiamo fatto. Il controller integra un sensore termico che riduce l’intensità in caso di surriscaldamento, riparo che però durante le nostre prove non è mai stato necessario.
Sul fronte longevità Nanoleaf dichiara 25.000 ore di LED, numeri che non possiamo verificare – per ora – ma che data la solidità dimostrata fin ora (e anche dai passati prodotti ndr) riteniamo più che plausibile: l’engineering di base è solido, uno dei marchi di fabbrica di Nanoleaf.