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Monkey Barrels – Recensione, uno sparatutto arcade riuscito a metà

A poco più di un anno dal lancio su Nintendo Switch, Monkey Barrels è infine approdato anche su PC, più precisamente sull’Epic Games Store. Il titolo è uno sparatutto dalla grafica pixel in 3D con visuale isometrica dall’alto, contraddistinto da un elevato grado di sfida e da un ritmo di gioco estremamente incalzante. Il gioco, pubblicato e sviluppato dal piccolo team nipponico di Good-Feel con il supporto dell’americana Nicalis, è un prodotto di qualità altalenante che mischia buoni elementi ludici, con combattimenti al cardiopalma, ad alcuni difetti tecnici che non possiamo non citare. Prima di recensire il gioco, infatti, dobbiamo fare una doverosa premessa, visto che la versione 1.0.0 disponibile attualmente su PC sembra presentare un multiplayer competitivo assolutamente inutilizzabile data la mancanza di un sistema di server efficace che permetta di trovare altri giocatori in giro per il globo. Parliamo di un fattore che, per quanto secondario in un titolo di questo genere, va comunque specificato in sede di recensione. Se avete quindi intenzione di giocare al titolo in multigiocatore, per adesso non ne avrete la possibilità e ovviamente questo, insieme ad altri problemi tecnici che andremo spiegandovi in seguito, avranno un influsso negativo sul voto finale di questa review.

Una storia banale, in un universo affascinante

La storia principale di Monkey Barrles è forse una delle componenti più banali del titolo, anche se le premesse narrative sono estremamente accattivanti. L’arco narrativo procede infatti senza eccessivi colpi di scena né momenti degni di nota, dimostrando che non era forse questo il fulcro sul quale gli sviluppatori hanno basato i loro sforzi, quanto più un pretesto per dare al giocatore un centinaio di armi con le quali dare battaglia. Le premesse narrative e l’ambientazione sono tuttavia molto peculiari; infatti, le vicende di Monkey Barrels sono inserite all’interno di una Tokyo distrutta e ricoperta di immondizia, in un contesto post apocalittico dove il genere umano ha cessato di esistere, cacciato e sterminato da degli elettrodomestici intelligenti che così ottusamente aveva accumulato spinto da una irrefrenabile brama consumistica.

In effetti, l’opera dei ragazzi di Good-Feel è a tratti critica nei confronti del mondo consumistico e sono molto abbondanti i riferimenti ambientalisti che il team ha voluto inserire nel corso del gioco. Visto che l’umanità è sparita, cacciata dagli stessi elettrodomestici che si era creata, restano ora solo le scimmie a popolare un mondo grigio e pieno di rifiuti. Di conseguenza toccherà ad una piccola famiglia di scimmiette evolute il compito di fermare il malvagio scienziato pazzo Dr.Crabbenwold, uno degli artefici dell’apocalisse, dal ridurre il mondo animale in schiavitù e annientare per sempre vita sul pianeta. Premesse narrative che, come dicevamo prima, sono estremamente interessanti, peccato che non siano coadiuvate da un impianto narrativo sufficientemente curato, con una storia che procede, come abbiamo già detto, con il solo scopo di permettere alla coppia dei protagonisti di equipaggiare armi e fare a pezzi migliaia di robot impazziti.

Tanti punti di forza e altrettanti punti deboli

Il gameplay di Monkey Barrels è quello di uno sparatutto simil arcade inseribile nel sottogenere degli Shoot ’em up, vale a dire quella tipologia di videogiochi d’azione famosi negli anni Novanta oltre che per l’elevato grado di sfida, anche per l’enorme quantità di proiettili a schermo che il giocatore deve schivare. Se dovessimo tracciare un parallelismo neanche troppo forzato, potremo inserire il gioco nella stessa categoria del fantastico Cuphead uscito nel del 2017, solo con una visuale dall’alto. Mokey Barells ci metterà quindi nei panni di una delle due agili scimmiette protagoniste, Masaru e Hanako, aiutate ed equipaggiate dal fidato gorilla armaiolo Shibayama che costruirà per loro armi di vario genere per permettergli di affrontare indenni le interminabili frotte di avversari cibernetici.

Il titolo presenta una struttura a livelli con numerosi gruppi di nemici da affrontare in ambienti di ampiezza variabile, dalle stanzine più piccole ai campi aperti. Inoltre, alla fine di ogni livello sarà sempre presente un boss da eleminare schivando centinaia di proiettili contemporaneamente. La caratterizzazione delle boss fight di fine livello è forse la componente più critica del gameplay del titolo. Dove infatti il gioco presenta una struttura delle varie ambientazioni interessante e una discreta varietà nelle situazioni da affrontare, lo stesso non si può dire del ripetitivo nemico di fine missione, di solito una mente cibernetica affiancata da numerose torrette razzo. Il modello utilizzato, per quanto presentatoci in tantissime salse, è praticamente sempre lo stesso, il che va creare una sorta di ripetitività di fondo estremamente marcata.

Discorso diverso invece per i boss a cui è dedicato un intero stage e che si sono rivelati interessanti e terribilmente ostici da affrontare. In particolare, uno degli ultimi boss si è dimostrato, oltre che incredibilmente impegnativo, anche interessante dal punto di vista della caratterizzazione sia estetica che dal punto di vista del gameplay. Un guizzo di originalità che avremmo apprezzato anche nei comuni e tragicamente ripetitivi nemici di fine livello. Sono inoltre anche presenti varianti di stage a bordo di vari veicoli guidabili come moto e addirittura carri armati che aumentano la già discreta molteplicità di situazioni che incontreremo.

Una delle caratteristiche più peculiari del gioco è sicuramente la grande varietà di armi disponibili e la composizione estetica delle stesse. Infatti, quasi tutte le bocche da fuoco presenteranno un qualche riferimento ad una critica sull’inquinamento globale, e sono di conseguenza tutte composte da residui di spazzatura dell’epoca umana. Oggetti che l’uomo ha considerato come immondizia e che ora invece ritroveranno uno scopo nobile, quello di salvare ciò che resta della vita sul pianeta terra. Fra queste armi artigianali possiamo per esempio citarne alcune come: lo “spara moka amaro” costruito con un contenitore per il caffè vuoto, il “Idro-1000 giallo” assemblato con un idrante rotto, o ancora il “cecchin-olio piccante” fatto con una bottiglia d’olio rotta. Inoltre, le armi improvvisate che ci offrirà Shibayama non andranno assolutamente sottovalutate visto che saranno in grado di annientare orde di elettrodomestici impazziti senza alcun problema e tutte avranno punti di forza e debolezze specifiche. Inoltre sarà possibile ampliare l’arsenale esplorando ogni singolo angolo delle mappe presenti alla ricerca di progetti d’armi, lasciando quindi spazio al giocatore per qualche piccola deviazione dal percorso principale.

In Monkey Barrels sono quindi presenti innumerevoli equipaggiamenti per tutti i gusti e stili di gioco, anche se, a dire il vero, visto l’elevato grado di sfida del titolo, solo alcuni di essi saranno veramente efficaci per aiutarci a raggiungere agilmente l’epilogo. Il “salsa laser senape” è ad esempio un fucile laser micidiale che ci piace definire come “l’ammazza boss”, proprio perché capace di polverizzare la barra vitale dei nemici più ostici in poco tempo soprattutto se utilizzato in combo con una meccanica forse non propriamente bilanciata, quella della “rabbia primordiale”. Le nostre scimmiette, infatti, potranno entrare temporaneamente in una sorta di rage mode con la quale distruggere, a un rateo di fuoco maggiore, tutti i nemici vicini. Inoltre, le armi avranno per pochi istanti caricatori infiniti – anche quelle che generalmente si scaricano con estrema velocità – per permettere di bilanciarne l’elevatissimo dps (danno per secondo). Ebbene, l’accoppiata dell’arma laser più dannosa del gioco e della modalità rage può permettere d’infliggere danni spaventosi per tempi relativamente prolungati, rendendo questo gioiellino una bocca da fuoco forse un po’ troppo efficace nel proprio ruolo e quindi sbilanciata rispetto alle altre nell’uccidere gli avversari più ostici.

L’interessante interessante di Monkey Barrels

La componente tecnica di Monkey Barrels è quella di un gioco in pixel art 3D non particolarmente degna di nota esteticamente ma che riesce comunque nel suo compito. Tuttavia, sul lato della conversione da Nintendo Switch a PC, abbiamo alcuni importanti appunti da fare. Infatti, le impostazioni dei settaggi grafici presenti in-game sono quasi completamente inesistenti, permettendoci di modificare la sola risoluzione e decidere se attivare o meno il V-sync, lasciando di conseguenza pochissime opzioni ai player. La pochezza disarmante di impostazioni più specifiche è scusata in piccola parte solo dal genere di appartenenza del titolo, ma ci saremmo aspettati di poter settare almeno qualche parametro in più.

Monkey Barrels

A questo fattore negativo si aggiunge inoltre anche un’ottimizzazione non sempre perfetta che in alcuni specifici contesti diventa persino deleteria per il corretto svolgimento del gameplay. Questa spiacevole circostanza si è verificata in alcuni stage di metà gioco con un vistoso calo nel frame rate. Essendo un titolo orientato quasi al 100% sulla reattività e sui riflessi, tali mancanze, per quanto circostanziate a specifici punti, sono comunque da segnalare.

Monkey Barrels

6.0

Monkey Barrels è un titolo dal valore altalenante, non semplicissimo da valutare perché accomuna caratteristiche interessanti e ben realizzate, come un gameplay divertente e che arride agli estimatori dei giochi hardcore, ma che allo stesso tempo è pieno di gravi mancanze, alcune sorpassabili come il bilanciamento non sempre preciso e la storia poco sfruttata, ed altre decisamente più gravi come i problemi tecnici e la mancanza di una completa customizzazione nelle impostazioni grafiche. Di conseguenza, ci sentiamo di dire che il gioco sia in grado di superare a stento la sufficienza nonostante la buona qualità del sistema di combattimento visto che i difetti precedentemente elencati ne diminuiscono non poco il potenziale effettivo. A questo punto, restiamo in attesa di un possibile seguito con cui speriamo che questa volta Good-Feel riesca a rendere giustizia a delle potenzialità ludiche tanto bistrattate.

Samuel Raciti
Videogiocatore incallito, lavora anche come Amministratore condominiale in real life. Questa professione gli ha insegnato, fra le altre cose, l’arte della pazienza e della mediazione, così scarsamente presenti nel mondo di Internet come in quello delle riunioni condominiali. Mal sopporta gli hater seriali, ma apprezza chi in buona fede si impegna per far valere il proprio pensiero e la propria visione del mondo dei videogiochi.

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