Il tempo che è passato da quando The Cat Lady, in sordina, guadagnava un incredibile e inaspettato successo è davvero molto, e finalmente il filone che quel peculiare titolo ha in un certo senso avviato (una prima versione di Downfall lo aveva preceduto) volge al termine. Rem Michalski e Harvester Games ci propongono così Lorelai, un’avventura grafica con uno stile a metà tra due generazioni differenti, che va a chiudere il filone “Devil Come Through Here”. Chi ha già avuto il piacere di assaporare a fondo le prime avventure, saprà già che non ci troveremo di fronte un gioco convenzionale: la trama e le vicende della ragazza saranno fortemente incentrate su aspetti psicologici molto forti, andando a toccare delle tematiche estremamente crude che potrebbero impressionare parte del pubblico. Al contrario dei primi due titoli citati, dove i rispettivi protagonisti a un certo punto del gioco si incontravano, in Lorelai vivremo una storia esclusivamente dedicata alla giovane ragazza, che dovrà vincere una sfida che sembra a dir poco impossibile.
Lorelai e il ritorno della Regina
Lorelai è una giovane ragazza inglese che non vive una delle vite più facili che poteva capitarle: dopo la prematura scomparsa del padre, vive con sua madre, il suo nuovo compagno, e la sua sorellina neonata all’interno di uno squallido appartamento in un condominio. Sono molti i temi che vorremmo trattare, ma che per motivi di spoiler ci limiteremo a menzionare: la giovane ragazza deve a tutti i costi dare una mano in casa, dopo che il nuovo compagno della madre ha perso il lavoro a causa della chiusura di una fabbrica e si è dato pesantemente all’alcol, mentre sua madre stessa non fa altro che fumare e guardare la TV per la maggior parte del tempo. Lorelai si trova quindi anzitempo con più di una responsabilità sulle spalle, compresa quella di badare alla sua piccola sorellina, che per la maggior parte del tempo viene ignorata dagli adulti. Basandosi su questi eventi, e sull’inizio per Lorelai di un nuovo lavoro in una casa di riposo per gli anziani, prendono vita le nostre vicende, che porteranno di nuovo, inevitabilmente, ad avere a che fare con “The Queen of Maggots” (letteralmente, “La Regina dei Vermi”). Tuttavia questo è solo uno dei nomi dell’entità avida di vite umane, e pare che uno dei molteplici nomi sia proprio “Lorelai” (quest’ultimo fu rivelato nel remake di Downfall, e per questo si pensava sulle prime fasi dello sviluppo che questo titolo fosse addirittura un prequel con la storia della Regina, tuttavia, così non è stato). Fanno quindi irruzione nel giocatore, in un’atmosfera cupa e macabra, temi come la famiglia, il dolore, la morte, il suicidio, la ricerca della felicità, ma anche veri e propri esami di coscienza.
Chiusura del cerchio
Narrativamente parlando, questa avventura grafica – come le due precedenti – segue un’altra linea: dove in The Cat Lady la storia era lineare e formata da molte “vite” e in Downfall si trattava più di viaggi psicotici al limite della follia, in Lorelai ci troviamo ad accompagnare la protagonista in un viaggio che nello stile è l’esatta somma dei due, ma con il sapiente uso di flashback per riempire alcune lacune che si creano nel giocatore durante il primo playthrough. Parliamo di “primo” perché, come siamo stati abituati, Lorelai dispone di vari finali diversi (alcuni meno buoni di altri) e di conseguenza molte delle azioni che compieremo in game determineranno l’esito della nostra avventura. La difficoltà del gioco si attesta su livelli medio-facili, e non verremo praticamente mai messi in situazioni in cui ci bloccheremo; tuttavia sarà ordinaria routine soffermarsi su diversi dilemmi morali, che ci investiranno come un tir e ci costringeranno non solo a capire cosa è meglio per lei, ma che metteranno a dura prova la nostra coscienza. Senza entrare troppo nel dettaglio, l’angoscia, i jumpscare e i toni horror e horror psicologico ci terranno a braccetto dall’inizio alla fine.
L’arte della mietitrice
Artisticamente parlando ci troviamo davanti ad un gioco decisamente più moderno rispetto ai due precedenti. The Cat Lady e Downfall per la maggior parte ci avevano abituati a dei colori sempre tendenti al bianco e il nero, per far risaltare molto il rosso del sangue che molto, molto spesso ci capitava sott’occhio. Soprattutto in The Cat Lady, se non c’era il bianco e nero, i filtri utilizzati erano sempre tendenti all’oscurità, come a sottolineare quanto marci fossero i “parassiti”. In Lorelai, Harvester Games compie dei passi in avanti non soltanto per quanto riguarda i colori (ora con una palette più ampia, ma mantenendo questi stacchi come marchio di fabbrica), ma anche per un taglio registico nettamente più consono ai giorni nostri, sfruttando Unity anche per delle piccole sequenze video, per una maggiore chiarezza e precisione dei dettagli, e un’ottima qualità tecnica in generale.
Una delle armi principali di Lorelai, però, risiede nel comparto audio: la scelta degli effetti sonori è stata buona, ma nulla comparato all’eccellente colonna sonora originale, dove il main theme è cantato niente meno che dall’artista britannica Maisy Kay, che ha anche dato la voce alla protagonista (e che abbiamo avuto l’onore di intervistare proprio negli ultimi giorni! Per leggere la sua intervista andate a questo link). Tuttavia ad essere particolarmente emozionale è l’interezza della colonna sonora, un’accompagnamento indissolubile e indispensabile per una delle storie più mature del videogame moderno. D’altronde, da Rem Michalski non ci aspettavamo altro.