La Città Proibita Recensione: un connubio tra realtà apparentemente inconciliabili

Ecco la nostra recensione de La Città Proibita, ultima affascinante fatica di Gabriele Mainetti, che ancora una volta osa, sperimenta e stupisce.

Francesca Leonardi
Recensioni
Lettura da 5 minuti
8.5 Ottimo
La Città Proibita

Il regista Gabriele Mainetti, noto per “Lo chiamavano Jeeg Robot” e “Freaks Out”, torna sui grandi schermi con il suo terzo lungometraggio. Ha saputo mantenere alta l’asticella o ha disatteso le aspettative? La nostra recensione de La città proibita: audace, innovativo e dirompente. Ci troviamo in una Cina rurale, estremamente rigida, in cui vige ancora la politica del figlio unico finalizzata al controllo delle nascite. In questo scenario, la protagonista Mei – interpretata da un’eccezionale Yaxi Liu – conduce, sin da bambina, una vita complicata: costretta a rimanere nascosta da occhi indiscreti in quanto seconda figlia. Le due sorelle, Yun e Mei, imparano a destreggiarsi nelle arti marziali grazie agli insegnamenti del padre, ma ciò non impedisce l’inevitabile separazione delle due.

Dalla Cina al Colosseo

Già dalle prime scene è evidente che il regista non abbia paura di osare e ce lo dimostra anche con un certo sarcasmo: nel tentativo di ritrovare la sorella, Mei si dirige in un bordello, e dopo svariati combattimenti di kung fu da cui esce sempre vittoriosa, mostrando le sue incredibili capacità, viene quasi travolta da un motorino. È proprio in questo momento che capiamo di essere stati catapultati in uno scenario del tutto differente: siamo nella città eterna, a Roma e quello che poteva essere un tipico bordello di Shanghai, non è altro che un locale gestito dalla criminalità organizzata cinese nel vibrante quartiere Esquilino.

Nel suo cammino la protagonista incontra MarcelloEnrico Borello – un giovane cuoco romano ormai disilluso dalla vita, che lavora nella trattoria di famiglia insieme a sua madre Lorena – interpretata da Sabrina Ferilli – che si occupa della contabilità del locale, e all’amico di famiglia Annibale – un grandioso Marco Giallini – invischiato nella malavita romana. Nonostante Mei e Marcello provengano da due realtà apparentemente inconciliabili, tanto che l’unico metodo di comunicazione tra i due sia Google Translate, scopriranno presto di essere legati dallo stesso fil rouge: anche Marcello è alla ricerca di qualcuno, di suo padre – Luca Zingaretti – che sembra essere scomparso insieme alla sua amante cinese.

Mainetti non perde occasione e anche questa volta ci mostra una delle tante sfaccettature della sua amata Roma, bella e dannata: quella del quartiere Esquilino, che pullula di culture che si mischiano tra loro e di persone provenienti da tutto il mondo, che, purtroppo, devono fare i conti con i lati spigolosi della nostra società, offrendoci un quadro sinottico e cosmopolita della tormentata capitale. Non mancano le citazioni a Fellini, intuibili dalla scelta del nome del personaggio “Marcello” o alle scene che inquadrano alcuni dei più celebri monumenti romani mentre Mei e Marcello scorrono, in motorino, tra le vie di Roma, e indubbiamente ai numerosi film di arti marziali che vedono Bruce Lee tra i protagonisti.

L’equilibrio di Yin e Yang

Il ritmo è concitato, le scene d’azione sono girate magistralmente, tanto da far entrare lo spettatore nelle lotte, permettendogli di viverle in prima persona. Sebbene le scene di combattimento – che non hanno nulla da invidiare a quelle hollywoodiane – occupino grande spazio all’interno del film, racchiudere “La città proibita” nel genere del gongfu sarebbe riduttivo e non renderebbe giustizia all’opera nella sua interezza. Basti pensare alla minuziosa caratterizzazione dei personaggi, ognuno con una storia da raccontare. Mainetti, così come fece con lo Zingaro in “Lo chiamavano Jeeg Robot”, non si limita a descrivere gli antagonisti come meri cattivi, gli gira attorno con la cinepresa, li rende tridimensionali, permettendoci di entrare nella loro forma mentis e, forse, di capirli, senza giudicarli troppo.

La città proibita”, dove sanguinosi combattimenti e romantiche fughe d’amore si fondono in un perfetto yin e yang, è un film che non vuole e che non deve essere definito, non è questo il suo scopo. L’obiettivo, che lo si ami o che lo si odi, è quello di osare mantenendo alta l’attenzione del pubblico, e possiamo dire che è stato perfettamente raggiunto.

La Città Proibita
Ottimo 8.5
Voto 8.5
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