L’industria videoludica, negli ultimi anni, sta sfornando diversi titoli legati ai generi roguelike e roguelite. Dall’acclamato Hades al rivoluzionario The Binding of Isaac per poi passare a titoli più di nicchia come Enter the Gungeon, il genere “rogue” ha ormai diversi esponenti di spicco. Alla festa, però, ha deciso di partecipare anche il recente Kiborg, tritolo sviluppato dai russi di Sobaka Studio. Questo brutale picchiaduro sarà all’altezza degli altri titoli appartenenti al genere? Scopriamolo insieme in questa recensione!
“Ho i pugni nelle mani!”
Per quanto Kiborg abbia una trama, essa non vede alcun tipo di introduzione o un filmato d’apertura e il giocatore verrà catapultato direttamente nel gioco. Si tratta di un picchiaduro roguelite intenso e sanguinoso, ambientato in un mondo distopico e deprimente, nel quale vestirete i panni di Morgan Lee, un prigioniero innocente che è stato rinchiuso in una delle prigioni più dure della galassia per crimini che non ha commesso. Per avere uno sconto sulla sua condanna pari a 1.300 anni, il protagonista di iscrive a un perverso reality show in cui i detenuti si picchiano brutalmente a morte.
L’obiettivo finale del giocatore è quello di raggiungere una navetta per la libertà sul tetto della prigione, ma a ostacolarvi ci saranno ondate di altri detenuti e diversi boss. Per sopravvivere dovrete usare un mix di armi da fuoco e armi da mischia e, in loro assenza, verranno in soccorso i vostri fidati pugni. Le munizioni sono scarse e le armi da mischia si rompono dopo pochi colpi, il che spingerà il giocatore ad adattarsi al volo e a pensare in fretta sul da farsi.
Kiborg è risultato dell’amore degli sviluppatori per i picchiaduro e i roguelite di vecchia scuola, il tutto con in aggiunta un pizzico di sparatutto per rendere l’esperienza ancor più variegata. Come detto in apertura d’articolo la trama non è introdotta da alcun filmato iniziale. Nessuna introduzione, al primo caricamento verrete catapultati nell’area di partenza con un ring di allenamento, un terminale e un manichino. Usate il terminale per attivare il tutorial e imparare tutto sul sistema di combattimento. Quando sarete pronti, varcherete la porta per dare inizio a questa folle avventura. Essendo un roguelite, il classico ciclo trial and error è inevitabile, perché a meno che non siate molto allenati con il genere di riferimento morirete frequentemente.
Il sistema di progressione è però parecchio permissivo dato che, finché riuscirete a superare almeno un round, otterrete dei gettoni che potrete usare per ottenere potenziamenti per Morgan. L’albero delle abilità è forse l’aspetto più riuscito dell’intera operazione, e vede ben quattro differenti percorsi di potenziamento e diverse diramazioni. I quattro percorsi principali si concentrano su salute, combattimento, super mosse e potenziamenti cibernetici.
Il combattimento è veloce, brutale e molto divertente, oltre che estremamente appagante. Già dai primi minuti di gioco appare evidente il fatto che Sobaka si sia ispirato alla serie Batman: Arkham di Rocksteady per il sistema di combattimento. Oltre all’utilizzo delle mani nude, come già anticipato in precedenza, i giocatori avranno modo di utilizzare sia armi da mischia che armi da fuoco. Le armi da mischia soffrono di scarsa resistenza, quindi alla lunga gli preferirete i cari e vecchi pugni, mentre per quanto concerne le armi da fuoco sono penalizzate da uno scarso sistema di mira e rallentano notevolmente l’esperienza di gioco, a meno che non vengano utilizzare contro nemici più grande o boss. In tutti gli altri i casi, non ne valeva la pena. È chiaro come il team di sviluppo abbia preferito concentrarsi sul combattimento corpo a corpo e sul sistema di parate, decisamente più riusciti rispetto a tutte le altre meccaniche presenti.
Il punto forte di Kiborg è la varietà di build assolutamente incredibile che offre. I giocatori possono equipaggiare impianti cibernetici che conferiscono potenti abilità, come la capacità di recuperare energia dopo essere morti o di evocare una scia di fuoco a ogni schivata, Ogni impianto appartiene a una classe a sé stante e, selezionando quelli sinergici, è possibile ottenere potenziamenti aggiuntivi. La cosa davvero interessante è che questi impianti cambiano l’aspetto del personaggio. A ogni partita, il protagonista apparirà significativamente diverso e, lungo il corso dell’esperienza, lo vedrete lentamente trasformarsi in un cyborg a ogni potenziamento.
“Sta mano po’ esse fero e po’ esse piuma”
Questi potenziamenti possono essere applicati individualmente a gambe, braccio sinistro e destro, petto, testa, spina dorsale e cuore, e forniranno potenziamenti in base al set da cui provengono. Per esempio, il set “Pistolero” migliora le armi da fuoco e aumenta la velocità di ricarica secondaria, mentre il set “Guardiano” mira a fornire protezione dai danni in arrivo. Gli impianti sono solo uno dei modi in cui è possibile modificare e potenziare Morgan. È possibile infatti equipaggiare modifiche che presentano però ultimatum: sacrificare una delle statistiche principali per potenziarne un’altra. Inoltre, alcuni potenziamenti secondari ottenibili tramite l’albero delle abilità vi permetteranno di evocare alleati che combatteranno al vostro fianco o vi concederanno di ottenere potenziamenti ancor più potenti. Ogni partita quindi, come ogni roguelite che si rispetti, è stata molto diversa dalla precedente, ed è sempre divertente sperimentare diverse configurazioni per vedere qual è la più efficace.
A livello tecnico l’operazione mostra tutti i limiti di budget. Non è di certo terribile, ma per i palati più “raffinati” abituati a titoli tripla A e produzioni di alto profilo, Kiborg potrebbe farvi storcere il naso. Nonostante l’arretratezza del comparto tecnico, l’art design ha decisamente il suo perché. Essendo ambientato in una prigione intergalattica, potreste aspettarvi una certe ripetitività degli ambienti di gioco, ma in realtà le varie aree sono ben differenziate con temi, paesaggio e i nemici che cambiano a ogni sezione. La cosa che però colpisce maggiormente è la già menzionata evoluzione estetica del protagonista a ogni potenziamento cibernetico, dato che le combinazioni sono pressoché infinite. Nonostante questi pregi, è però innegabile che il comparto tecnico sia davvero arretrato, dato che i modelli dei personaggi e gli ambienti sembrano usciti direttamente da un titolo di almeno quindici anni fa. Altri titoli con alle spalle budget irrisori hanno fatto decisamente di meglio in passato.
Per quanto concerne il comparto audio, esso fa il suo lavoro senza però andare oltre il semplice compitino. I suoni di sottofondo sono d’atmosfera e la colonna sonora dà la giusta carica, ma non c’è quasi niente che colpisca davvero nel segno. A livello di sound design, l’unica cosa che spicca davvero rispetto a tutto il resto è il suono delle armi, estremamente realistico e soddisfacente. Ogni colpo ricevuto e inferto lo si avverte come se si stesse davvero partecipando a una rissa “intergalattica”.
In definitiva Kiborg è un buon rogulite, carente però su alcuni aspetti che non lo fanno andare oltre una certa soglia. La storia è poco articolata, e qualche elemento in più che permettesse di empatizzare maggiormente con il protagonista non avrebbe guastato. Inoltre, durante i nostri test, abbiamo riscontrato alcuni problemi per quanto concerne il sistema di compattimento e l’imput dei tasti. Alle volte, nelle fasi più concitate, la parata non partiva, segno che il titolo ha un estremo bisogno di essere aggiornato.
Superati questi problemi appena citati e quelli menzionati in precedenza, Kiborg rimane comunque un titolo molto divertente, soprattutto per i fan del genere d’appartenenza. È divertente, coinvolgente e i potenziamenti cibernetici danno quel tocco in più che lo rende interessante. Se vi piacciono i roguelite con un tocco di picchiaduro, date una possibilità a Kiborg.