La poliedricità espressiva delle possibilità contemporanee sta offrendo agli appassionati del mondo videoludico sempre più sperimentazioni ed esperienze. Tutto ciò conduce a una continua rielaborazione di quelli che erano i generi più classici dei settore, in favore di lavori che nel panorama indie tentano di trovare una strada autonoma, originandosi da idee apparentemente familiari. Così un genere di nicchia, come quello dei “gestionali” (ricordandovi che in questi mesi si è parlato di Age of Empires IV), si riscopre parecchio elastico nello sperimentalismo, originando approcci pronti a sviluppare storie nuove e dal sapore agrodolce. Così, ad oggi, è possibile ritrovarsi fra le mani anche progetti portati avanti da una sola persona, o da piccolissimi team, lavori che riescono a cogliere nel segno, senza il bisogno di “grandi nomi commerciali” o di grandi finanziamenti. L’ispirazione resta ancorata alla voglia di creare, investendo soprattutto il proprio, alla ricerca di un allineamento con il pubblico più intimo e umano, espressivo, che non quello “commerciale”. In questi giorni abbiamo avuto la possibilità di provare in anteprima Kainga Seeds of Civilization, un titolo che si avvale di tutti gli elementi suddetti, cercando di generare un proprio percorso che sta gradualmente prendendo forma e senso.
Ansia per gli altri
Kainga Seeds of Civilization è un videogioco particolare nel suo porsi. Se all’apparenza potrebbe sembrare un semplice gestionale da manuale, un classico di questo genere, così non è. Si tratta piuttosto di un’esperienza che ibrida al suo interno sia le tue abilità gestionali, sia quelle di sopravvivenza, sia di risposta immediata a vari stimoli casuali. Cosa implica tutto ciò? Semplicemente che lo stile generale risente dell’influenza dei titoli roguelite, costruendo le proprie partite su di un mondo che non perdona, pronto a trasformarsi, rimodellandosi continuamente. In parole povere ci si ritrova a gestire una vera e propria piccola tribù agli albori. Ogni volta che si avvia una nuova partita o sessione, la mappa verrà trasformata proceduralmente, mutando i possibili approcci con essa.
Al vertice della nostra tribù c’è il Thinker. Questi dovrà guidare tutti gli altri, chiamati invece Brave, fornendogli idee attraverso cui evolversi. Tutte le trasformazioni della tribù, infatti, passano attraverso la specifica “ispirazione” di questo Thinker, dalla quale si materializzeranno sia gli edifici che tutti gli altri elementi fondamentali del caso. Kainga Seeds of Civilitazion però non è soltanto questo, nel mentre vi organizzate per far sopravvivere tutti quanti, dovrete portare a compimento particolari missioni, e tentare in tutti i modi di far sopravvivere la vostra gente.
Tutta la fascinazione per questo titolo deriva proprio dalla sua difficoltà. È questa a dinamizzare ogni approccio, e lo fa attraverso il mondo che ti circonda. Non c’è tregua all’interno di questo titolo, dato che tutto si muove in contemporanea o assenza delle vostre scelte. Avrete quindi a che fare sia con il commercio esterno, sia con il clima, sia con i vicini molesti e guerriglieri, sia con le bestie che abitano il mondo di gioco (queste potranno anche essere addomesticate attraverso precisi personaggi). In parallelo ci sono i vostri Brave e tutti i loro bisogni, le loro richieste e le conseguenze varie in relazione alle vostre scelte. Morire è dunque d’obbligo per imparare qualcosa, imparare dai propri errori cercando di costruire un tentativo migliore, e magari più prospero, nella partita successiva. Una difficoltà frustrante quindi, ma anche didattica beninteso.
Ma e bidimensionale o tridimensionale?
Uno dei tratti più distintivi di Kainga Seeds of Civilization resta la sua estetica. Dal punto di vista grafico ci traviamo davanti ad una commistione fra bidimensionale e tridimensionale, in cui tutto s’incontra senza strafare. Da ciò un curioso contrasto fra l’apparente “dolcezza fumettosa” generale, e la crudeltà della difficoltà del gioco. Interfacciassi con la propria tribù significa relazionarsi con personaggi ed icone abbastanza semplici e abbozzate. Non essendo sicuri se si tratti di una scelta artistica o dettata dal budget (il titolo è stato sviluppato da una persona solamente, il game designer Erik Rempen. Pubblicato dalla Green Man Gaming Publishing), ci riserviamo il dubbio di non condannarla del tutto, anche perché l’estetica generale risulta senza dubbio distintiva nel suo insieme.
Dal punto di vista introduttivo, inoltre, questo titolo non si offre troppo ai giocatori novelli. Tutto il processo d’ingresso e di training iniziale è, anche qui, piuttosto semplicistico e abbastanza dispersivo, se non alienante. Si viene lanciati nel gioco e ci sono alcuni dialoghi abbastanza standard ad introdurre le varie dinamiche e i primi tentativi. Di primo acchito il vostro obbiettivo potrebbe non risultare chiaro in effetti, anche perché il tutorial vorrebbe risultare divertente, ma diventa nell’immediato abbastanza macchinoso.
Concludendo, guardando all’insieme di tutti i nostri tentativi possiamo tranquillamente affermare che Kainga ha del potenziale, pur non avendo avuto la possibilità di tastarlo per intero. Moltissime cose andrebbero ancora smussate, ma le intenzioni restano chiare. Ci si ritrova fra le mani un’opera abbastanza dinamica nel suo incedere, elastica e soprattutto imprevedibile. Qui la difficoltà insegna e spinge a nuovi tentativi in nuove mappe, con nuove risorse e pericoli. La curiosità, quindi, alla base di un gioco che speriamo riesca ad esprimere tutto il suo potenziale, arrivando a comprendere anche i suoi stessi ed attuali limiti.