Ghost in the Shell GDR di Mana Project ci porta nel cuore del cyberpunk originale

Dopo Cowboy Bebop, Mana Project Studio torna a colpire con un'altra pietra miliare dell’animazione giapponese, Ghost in the Shell.

Simone Lelli
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Simone Lelli
Editor in Chief
Amante dei videogiochi, non si fa però sfuggire cinema e serie tv, fumetti e tutto ciò che riguarda la cultura pop e nerd. Collezionista con seri...
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Prima di Cyberpunk 2077, prima di Matrix, prima di ogni altra moderna visione del futuro distopico dominato dalle corporazioni e dai corpi sintetici, c’era Ghost in the Shell. Nata nel 1989 dalla mente visionaria di Masamune Shirow, questa saga ha definito l’immaginario cyberpunk di intere generazioni, ispirando una miriade di opere in tutto il mondo. E se oggi vi sembra di aver già visto tutto questo, è solo perché Ghost in the Shell lo aveva già raccontato, in un tempo in cui la rete era solo un sussurro nel futuro. Oggi, grazie a Mana Project Studio, possiamo tornare in quell’universo, con un gioco di ruolo ufficiale che prende ispirazione da Ghost in the Shell: Arise.

Per chi non conoscesse Arise, si tratta di un reboot narrativo della serie, composto da cinque OVA usciti tra il 2013 e il 2015, che raccontano le origini del Maggiore Motoko Kusanagi e della futura Sezione 9. Più giovane, meno definita, ancora priva della sua iconica squadra, la Motoko di Arise si muove in un mondo in cui le megacorporazioni, le IA e le guerre informatiche sono all’ordine del giorno. Un mondo in cui la verità è sempre sfumata, e il concetto stesso di identità può essere hackerato, manipolato, sostituito. È da questo contesto, stratificato e ancora oggi incredibilmente attuale, che prende vita il GDR di Mana Project.

Non solo investigazione

Abbiamo avuto modo di vedere un’anteprima del progetto – ancora in fase di sviluppo – e quello che emerge è chiaro: Ghost in the Shell non vuole essere un semplice gioco investigativo. Siamo lontani dal “create il vostro gruppo e risolvete missioni”. Il sistema scelto è il Forged in the Dark, derivato dal celebre Blades in the Dark, che già di per sé incoraggia una narrazione fluida, strategica, e fortemente collaborativa. Ma Mana Project Studio ha voluto spingersi oltre, adattando il regolamento a una struttura narrativa più dinamica, quasi cinematografica.

Il gioco, infatti, non ci farà solo interpretare una Sezione di Pubblica Sicurezza – sia essa la celebre Sezione 9 o un suo equivalente originale – ma ci permetterà anche di vestire i panni di altri personaggi, in specifiche scene. Ci troveremo quindi a vivere “cambi di inquadratura” veri e propri, proprio come accade in una serie TV: oggi siamo il Maggiore, domani siamo un testimone, un hacker esterno, una spia corporativa o persino un civile inconsapevole. Questa meccanica consente di ampliare la narrazione, rompere la routine e offrire una visione più complessa e frammentata, perfetta per raccontare una storia di Ghost in the Shell.

Un'immagine dalla serie originale
Un’immagine dalla serie originale

L’anima del cyberpunk

Il punto non è solo indossare un esoscheletro o hackerare un cervello: il cuore pulsante di Ghost in the Shell è – ed è sempre stato – il conflitto tra corpo e spirito, tra “ghost” e “shell”. È un universo dove l’umanità è in costante ridefinizione, dove l’identità è labile e le memorie possono essere innestate. Questo GDR non dimentica tutto questo: lo incarna, lo esplora, lo mette al centro. Che si giochi come agenti, infiltrati o semplici osservatori di una realtà più grande di noi, l’atmosfera sarà sempre sospesa tra il noir filosofico e il thriller digitale.

In fondo, giocare a Ghost in the Shell oggi è un po’ come leggere Dune dopo aver visto Star Wars: ci si accorge che molte delle idee che credevamo moderne affondano le radici in un immaginario molto più antico e potente. E in questo senso, Mana Project ha scelto di rispettare profondamente quel patrimonio, restituendogli una forma ludica coerente, ma innovativa.

Una promessa ancora in costruzione

Non abbiamo ancora potuto provare il gioco con mano, ma quello che abbiamo visto ci ha colpiti. La direzione è chiara, l’ambizione pure. Ghost in the Shell non si accontenta di essere un GDR per nostalgici: vuole essere un’esperienza forte, tematica, con una struttura flessibile e un impianto narrativo che non teme di mostrare anche il lato più ambiguo della tecnologia. E in un momento storico in cui parliamo ogni giorno di IA, sorveglianza e identità digitale, forse non c’è universo più adatto da esplorare.

Ora non resta che attendere di avere tra le mani la versione completa per scoprire se tutte queste premesse verranno mantenute. Ma una cosa è certa: Ghost in the Shell non è solo un GDR ispirato a un capolavoro. È una finestra su un futuro che somiglia fin troppo al nostro presente.

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Amante dei videogiochi, non si fa però sfuggire cinema e serie tv, fumetti e tutto ciò che riguarda la cultura pop e nerd. Collezionista con seri problemi di spazio, videogioca da quando ha memoria, anche se ha capito di amarli su quell'isola di Shadow Moses.