Qualche mese fa abbiamo avuto il piacere di parlarvi di Don’t Be Afraid – The First Toy, un interessante demo e prologo di un titolo horror estremamente interessante, che era stato in grado di colpirci nonostante alcuni evidenti difetti. Don’t Be Afraid presenta infatti uno dei concept più strani di sempre: l’horror psicologico sviluppato da Broken Arrow Games e pubblicato da Hydra Games SA ha come protagonista un bambino di 11 anni che è stato rapito e rinchiuso da un pericoloso maniaco. Un punto di vista completamente nuovo, ma sarà bastato a convincerci? Scopritelo nella nostra recensione!
L’incubo inizia!
Se The First Toy serviva da semplice introduzione, con Don’t Be Afraid le cose si fanno davvero serie. Il protagonista di questa macabra e terrificante avventura è David, un ragazzino di 11 anni che è stato rinchiuso in quello che sembra uno spettrale scantinato da uno spietato maniaco. A svegliarlo sarà proprio quest’ultimo che, con una malefica risata, gli spiegherà che il gioco è iniziato e che dovrà utilizzare tutte le proprie energie per sopravvivere e riuscire a fuggire, ma, come potrete ben immaginare, non sarà affatto facile.
La trama in realtà non si distacca poi molto da quella che era la demo del gioco, ma è decisamente più approfondita grazie, ovviamente, a una maggiore longevità. Il titolo rimane comunque abbastanza breve e può essere ultimato nel giro di un paio d’ore. Qualche ora in più non avrebbe guastato, ma, dato il prezzo a cui è venduto il titolo, ci riteniamo abbastanza soddisfatti. Purtroppo però la formula che avevamo apprezzato durante la demo, si rivela poco vincente nel titolo completo: la narrazione, che si compone di tantissimi fogli sparsi per l’ambiente di gioco, i quali rivelano alcuni aspetti della vita del protagonista e del maniaco, non riesce infatti ad essere incalzante e anzi mostra diversi difetti, soprattutto per quanto riguarda il ritmo.
A rendere il tutto più godibile è sicuramente l’atmosfera: il mondo dagli occhi di un bambino non è solo più grande, ma è anche molto più spaventoso. Ogni ombra nasconde un’insidia, ogni porta nasconde un segreto e ogni sinistro suono vi farà sobbalzare. In questo Don’t Be Afraid riesce davvero benissimo e vi permetterà di vivere due ore di pura tensione.
Il classico gioco horror?
Come ogni horror game in prima persona che si rispetti, il nostro protagonista dovrà attrezzarsi per illuminare i luoghi più bui del seminterrato in cui è rinchiuso. Invece che la classica torcia elettrica, che ormai da troppi anni ci accompagna nei titoli di questo genere, David dovrà fare affidamento su alcune candele sparse per l’ambiente di gioco. Candele che, ovviamente, si spegneranno quando entreranno in contatto con dell’acqua (e ne incontrerete tantissima). Non si tratta in realtà di una meccanica troppo complessa – è possibile raccogliere un numero infinito di candele da uno stesso spot – ma che comunque riesce ad aggiungere un piccolo ostacolo all’avventura.
E cos’altro va a nozze con gli horror se non un mucchio di chiavi, porte e puzzle? Don’t Be Afraid tiene fede a quest’eterno matrimonio e infatti, per proseguire nel gioco, dovrete fare i conti con diversi rompicapi, tutti più o meno ben strutturati e differenziati, che vi permetteranno di accedere a una delle tantissime chiavi sparse per la mappa. Una volta ottenuta una determinata chiave, potrete poi aprire la corrispettiva porta e sbloccare una nuova area della mappa, dandovi accesso ad altri enigmi e così via. Ci troviamo duqnue di fronte a una struttura che tende a ripetersi continuamente fino alla fine del gioco, ma che è comunque in linea con il genere.
Come anticipato, abbiamo davvero gradito l’ambientazione del titolo che, grazie ad alcuni interessanti giochi di contrapposizione tra luce e ombra, si dimostra perfettamente all’altezza delle aspettative. Lo scantinato del maniaco, come anche lo stesso design di quest’ultimo, è ricco di macabri dettagli che procurano sensazioni da vero film dell’orrore. Ricollegandoci alla nostra anteprima, è impossibile non citare i manichini che tanto ci avevano colpiti durante la nostra prova di The First Toy. Posizioni nauseanti, movimenti improvvisi e costante sensazione di essere osservati sono solo alcuni dei motivi che ci hanno fatto iniziare a correre disperatamente. Non mancano poi alcuni dei più classici clichè dell’horror, come, per esempio, gli occhi rossi che spuntano nel buio di una stanza e che, di punto in bianco, scompaiono.
Peccato per il comparto tecnico: nonostante mostri una buonissima cura degli ambienti e un ottimo level design, non riesce a brillare particolarmente. I modelli poligonali ancora non riescono a convincere del tutto e sono diverse le animazioni, soprattutto quelle del villain, che non permetto di apprezzare a pieno il titolo. Si trovano infatti animazioni spesso legnose e poco naturali. Anche le texture, nonostante l’evidente miglioramento dalla demo di quest’estate, presentano alcuni piccoli difetti. Il doppiaggio del villain – nonostante una terrificante risata malefica, che ancora risuona nelle nostre menti – non riesce a brillare e anzi “gode” di un’interpretazione appena sufficiente. Il titolo inoltre, non è doppiato in italiano, ma presenta comunque i sottotitoli in lingua nostrana. Buoni infine i suoni, decisamente ben realizzati e che contribuiscono perfettamente a creare la tensione che caratterizza il titolo.