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Devilman Crybaby Recensione

Chi si ricorda ancora la Divina Commedia di Alighieri? E la cacciata dai cieli da parte di Dio di Lucifero, l’angelo che diverrà poi il re degli inferi, Satana? Go Nagai, noto per tutti quegli eroi robotici che hanno popolato la nostra infanzia, ha sempre avuto una seconda magna opera, molto distaccata da Mazinga, Jeeg e compagni: parliamo di Devilman, opera dark dai toni violenti e cattivi. Nata da Mao Dante, altra storia (incompiuta) del maestro, narra le vicende di Akira Fudo, che per sconfiggere i demoni che hanno invaso la terra si fonderà ad Amon, il più forte dei demoni, diventando Devilman.

Il manga è meglio dell’anime

Lo so, questa frase l’avete sentita ripetere infinite volte: eppure stavolta c’è da discuterne un po’. La storia del manga racconta di come Ryo, amico di Akira, dopo aver scoperto che i demoni vogliono attaccare la terra, lo convincerà a farsi possedere da un demone per combatterli alla pari: nascerà così Devilman, difensore della terra, dal corpo di demone ma dal cuore umano. Naturalmente, se vi sembra questa la nascita di un eroe, scordatevelo: Devilman è un’opera che all’epoca era molto fuori dagli schemi, capace di fregarsene dei dogmi passati, mostrando una violenza davvero sopra le righe. L’anime dell’epoca, per adattarsi ai bambini che lo guardavano, stravolgeva un po’ le cose: un demone di nome Devilman, dopo aver ucciso Akira Fudo, si impossesserà del suo corpo per portare a termine il piano di distruggere la terra. Peccato che l’amore verso Miki gli farà cambiare idea. Questo è solo l’incipit, ma durante la narrazione, tra il manga originale e il primo anime, le differenze saranno davvero tante. E’ qui che Devilman Crybaby conquista un grande punto: questo sarà infatti di gran lunga più fedele al fumetto, tanto da seguire al 90% lo stesso schema e le stesse dinamiche, salvo qualche modernizzazione ben piazzata che vedremo più avanti.

Devilman 2018

Abbiamo capito quindi che la trama di Devilman Crybaby è pressoché molto simile a quella del manga originale (e direi, era quasi ora!); eppure molte pillole moderne sono state inserite all’interno della serie originale di Netflix. Prima di tutto, ora sono presenti i Social, ma fortunatamente lo sceneggiatore è stato abbastanza furbo da non demonizzarli come il 99% delle opere visive moderne, ma fungono da mero mezzo e deus ex machina (no spoiler, vedetevelo per capire). Un’altra cosa, che potete trovare nel titolo, è il pianto: potrebbe suonare forzato e forse molti puristi dell’opera di Go Nagai odieranno questa dinamica, ma Akira Fudo in questa serie piange e anche tanto, e lo fa principalmente quando vede qualcuno soffrire. Dimenticate l’Akira Fudo del fumetto, che da ragazzino pauroso diventa sbruffone e coraggioso perdendo quel lato all’epoca definito dalla stessa Maki come piagnone (crybaby): il lato umano di questo Akira si manifesta soprattutto grazie alle sue lacrime, segno del cuore puro che porta nel petto.

Estetica

Per concludere, anche l’estetica della serie porta un duplice aspetto contrapposto: sebbene tutta la direzione artistica si ispira più al manga che all’anime (mostrando un Devilman con le gambe coperte da peli al posto del quasi supereroistico costume verde), il tratto utilizzato è di gran lunga più contemporaneo. Non c’è infatti nessun tentativo, se non nella rappresentazione dei corpi demoniaci, di imitare l’opera magna, ma invece viene adottato uno stile pulito, che punta a dettagliare molto di più gli ambienti che gli stessi personaggi.

Il giusto livello

Devilman Crybaby riesce quasi in tutto, mostrandosi come un giusto bilanciamento tra vecchio e nuovo: l’idea sotto l’opera di Go Nagai si dimostra attuale più che mai, e i cambiamenti fatti da Netflix riescono alla perfezione, portando il nome di Devilman non più al nostro eroe Akira, ma a tutti quei demoni che hanno mantenuto il cuore umano. Il mondo si è evoluto, non esiste solo bianco e nero ma abbiamo una grandissima scala di grigi, e in Devilman Crybaby si nota frequentemente: per il resto, le 10 puntate si fanno divorare in un boccone, nel classico stile binge-watching di Netflix, portandovi in un viaggio fatto di sangue, violenza e sentimenti. Che siano essi di rabbia, erotici o d’amore, starà ai vari personaggi mostrarveli.

Simone Lelli
Amante dei videogiochi, non si fa però sfuggire cinema e serie tv, fumetti e tutto ciò che riguarda la cultura pop e nerd. Collezionista con seri problemi di spazio, videogioca da quando ha memoria, anche se ha capito di amarli su quell'isola di Shadow Moses.

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