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Destroy All Humans! – Recensione della nuova invasione aliena (su piccola scala)

L’originale Destroy All Humans! È un piccolo, grande classico. Sviluppato da Pandemic Studios e prodotto da THQ nel lontano 2005 sulle allora diffusissime PlayStation 2 e Xbox, il gioco dava modo di vestire i panni del subdolo alieno Cryptosporidium, impegnato a portare a termine una serie di missioni con l’obiettivo primario di permettere alla razza aliena nota come Furon di governare una volte per tutte il pianeta Terra (con buona pace degli esseri umani). Al netto della particolarità del concept e di alcune meccaniche free roaming decisamente divertenti – sebbene davvero arcaiche per l’epoca – il gioco ottenne un inaspettato clamore da parte del pubblico, tanto che il gioco ricevette vari sequel, purtroppo mai all’altezza del titolo originale: parliamo di Destroy All Humans! 2 (ambientato nel 1960) Destroy All Humans! Big Willy Unleashed (per Nintendo Wii) e Destroy All Humans! Path Of The Furon (Xbox 360 e PlayStation 3). Nel 2019, THQ Nordic decise che i tempi erano maturi per la realizzazione di un remake del primo capitolo per PlayStation 4, Xbox One e PC, questa volta grazie alle sapienti mani di Black Forest Game.

Bentornato, Crypto

Il nuovo Destroy All Humans! riprende da subito le fila del discorso lasciato in sospeso ben 15 anni fa, ripresentandoci il simpatico Crypto e il suo ormai classico “incontro ravvicinato del terzo tipo” con le mucche (considerata con assoluta cognizione di causa la più alta forma di intelligenza sul pianeta Terra). L’arrivo dei contadini sarà subito modo alla situazione di complicarsi un bel po’, con Crypto impegnato a liberarsi dal fastidio degli umani sfruttando il suo tipico arsenale alieno. Da questo punto in poi chiunque abbia giocato (e amato) il primo capitolo del 2005 si sentirà subito a casa: il grigio dovrà infatti vedersela con polizia ed esercito, uniti per impedire a Crypto di distruggere ogni forma di vita umana sul proprio cammino. E, sempre come un tempo, l’extraterrestre potrà avvalersi della sua navicella spaziale (con tanti di letale raggio laser) per dare man forte al suo obiettivo primario.

Destroy All HumansIl mondo di gioco all’interno del quale Crypto potrà muoversi viene presentato al giocatore con gradualità, quasi fossimo davvero degli alieni su di un pianeta ostile. Dalla nostra avremo anche varie abilità che daranno senso alla nostra odissea sul pianeta Terra: si va dal leggere nel pensiero, al rubare (letteralmente) il cervello dalle creature viventi e non solo, oltre a un potente fucile elettrico a impulsi e – ultimo a meno importante – un jet pack per gli spostamenti rapidi (altro leitmotiv della serie di Destroy All Humans!). Tutto è esattamente come da programma: il comparto esplorativo della produzione è la chiave di volta del gameplay, visto che missione dopo missione sarà possibile esplorare liberamente lo scenario, magari completando gli incarichi secondari lasciati in sospeso. Ma non solo: avremo carta bianca circa la possibilità di sterminare liberamente ogni essere vivente, per il puro (e sadico) gusto di seminare un po’ di panico sulla superficie terrestre. Ovviamente, maggiore sarà la nostra “cattiveria” più aggressiva sarà la reazione degli esseri umani, i quali saranno pronti a scagliare contro di noi decine di soldati e carri armati.

“Destroy All Humans!”

Se tutto sembra funzionare (e anche bene) nelle prime due ore della campagna principale, Destroy All Humans! inizia a patire una certa ridondanza non appena prenderemo fin troppa confidenza con le meccaniche di gioco. Se gironzolare in giro per i villaggi e le cittadine nei panni di un alieno è piuttosto divertente in prima battuta, col passare delle ore la sensazione di stupore svanirà sensibilmente, lasciando spazio a una certa ridondanza. A tentare di variare l’offerta intervengono tutta una serie di incarichi collaterali e missioni a tempo, grazie ai quali potremo collezionare dei punti DNA, da spendere nell’apposito menù con lo scopo di sbloccare nuove abilità (o potenziare quelle già in nostro possesso) per un massimo di sei potenziamenti ciascuna.

Trattandosi a conti fatti di un remake vero e proprio e non di una semplice riedizione classica in HD (uscita ormai diversi anni fa) il nuovo Destroy All Humans! porta con sé anche una veste grafica nuova di zecca. Purtroppo, però, pur trattandosi di un gioco di fine generazione, il lavoro svolto dal team Black Forest Game non è sicuramente al top, specie quando ci si sofferma sui dettagli: sia i modelli poligonali dei personaggi secondari, o le varie ambientazioni che saremo chiamati a razziare, pur risultando piacevoli alla vista (e ricalcando in tutto e per tutto lo stile della produzione originale) lasceranno piuttosto tiepidi. La sensazione, quindi, è che con questa versione 2020 si sia deciso di riprendere in toto il look anni ’50 (e il gameplay) del gioco originale, senza però avere il coraggio di osare di più. Alla fine della fiera tutto è estremamente godibile e funzionale al contesto, sebbene con un po’ di coraggio extra – e magari qualche idea originale in più – la nuova avventura di Crypto avrebbe potuto essere davvero memorabile.

Destroy All Humans!

7.5

Senza nulla togliere alla bontà del risultato finale, Destroy All Humans! è “solo” un piccolo, grande omaggio a un gioco di quasi due decenni fa. Riprendendo tutte le qualità del gioco originale uscito nel lontanissimo 2005 su PlayStation 2 e Xbox, il titolo Black Forest Game ripropone infatti le stesse meccaniche free roaming e l'azione senza sosta giocate quindici anni fa, pur non andando oltre le buone premesse iniziali. Anche dal punto di vista tecnico, infatti, si è preferito ricalcare le orme del precedessore, invece che proporre una produzione nuova di zecca (e magari un pochino più coraggiosa). Lamentarsene troppo sarebbe in ogni caso davvero ingiusto.

Marcello Paolillo
Da anni critico del settore, ha scritto e scrive attualmente su diverse testate online dedicate ai videogames e al cinema, passando anche per i fumetti. La carriera di Marcello inizia nel 2003 e da allora non si è più fermato: dopo essersi fatto notare sui primi siti di settore, è arrivato a firmare articoli per le più importanti testate web italiane, oltre che per la carta stampata. Pavo non è il suo nome anagrafico: è il suo nome vero.

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