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Concrete Cowboy – Recensione, una storia d’appartenenza, identità e progresso

Raccontare una storia non è mai troppo facile, soprattutto quando si cerca di analizzare alcune dinamiche, anche sensibili, che non riguardano semplicemente i personaggi, ma anche alcuni contesti sociali precisi, andando oltre gli elementi pensati per comporre la finzione. Prendere in mano una macchina da presa, infatti, non significa concentrarsi soltanto sulle vicende di sceneggiatura e sull’interpretazione degli attori, ma anche sul contorno in cui questi sono inseriti, su tutto ciò che circonda loro e le loro azioni. Non si tratta, ovviamente, di semplice messa in scena o di scenografia, ma di un discorso che non sempre necessita di parole, o di battute dirette, ma che, servendosi del potere delle immagini che il cinema offre, riesce comunque a parlare in maniera diretta e schietta con lo spettatore, dicendo tutto quello che ha da dire in proposito a qualcosa. Per scrivere una recensione di questo Concrete Cowboy, è bene, per molti versi, tenere conto di tutto questo. Il film di Ricky Staub parte da una narrazione abbastanza classica legata al filone delle problematiche adolescenziali, e in seguito si sposta altrove, amplificando mano a mano quello che ha da dire e facendosi voce di un qualcosa che esiste sul serio, e vibra e respira della realtà che tutti noi conosciamo fuori dalla sala.

Analizzare il discorso di Concrete Cowboy in una recensione

Basato sul libro “Ghetto Cowboy” di Greg Neri, e presentato per la prima volta al Toronto Film Festival del 2020, precisamente il 13 settembre, Concrete Cowboy è stato in seguito rilasciato il 2 aprile 2021 sulla piattaforma Netflix, segnando la speranza di tutti coloro che avrebbero preferito vederlo in sala. Le vicende del film ruotano intorno alla vita di Cole (interpretato da Caleb McLaughlin, celebre per la sua interpretazione in Stranger Things). Il ragazzo sta vivendo un periodo particolare della propria vita, è molto giovane e senza una vera e propria guida, data la sua situazione familiare con i genitori separati. In seguito all’ennesimo problema con la scuola, la madre decide di portarlo e lasciarlo dal padre per un po’, sperando forse in qualche cambiamento e aiuto con questo ragazzo. Harp (questo il nome del padre interpretato da Idris Elba) però vive a Philadelphia, precisamente a Fletcher Street, una strada molto particolare ed anacronistica, ferma nel tempo, caratterizzata da una serie di dinamiche sociali e storiche con le quali il ragazzo si troverà a fare i conti.

Concrete Cowboy

In questa recensione ci teniamo a sottolineare che Concrete Cowboy è prima di tutto una storia di crescita, una storia in cui questo adolescente si troverà a fare i conti con la vita, con la realtà, cercando di trovare un proprio posto nel mondo. La ricerca di una propria identità sia all’interno di un ipotetico nucleo familiare, sia all’esterno, muovono i passi di un giovane che oscilla fra la ricerca autonoma di se stesso e la ricerca di un modello da seguire, trovandosi a dover fare i conti non soltanto con un contesto molto particolare, ma con le regole segrete che la vita pone davanti a tutti noi. Come detto sopra, il padre di Cole vive a Fletcher Street, strada realmente esistente di Philadelphia, strada ferma nel tempo, come una bolla distaccata all’interno di un mondo che continua a progredire cancellando ogni cosa. In questa strada la comunità locale vive ancora come nel passato far west, allevando cavalli, domandoli, cavalcandoli, e la loro stessa vita viene scritta, lettera dopo lettera, nella suddetta bolla, la quale offre loro rifugio ma anche qualcosa di intimo e profondo.

Ecco che Concrete Cowboy dimostra di voler fare più del semplice raccontare la storia di un adolescente problematico alle prese col mondo, facendosi anche testimonianza di un luogo, Fletcher Street, che si ritrova fuori dal tempo, e nel mentre anche in lotta con questo, in lotta con un progresso che non ha alcuna voglia di tornare indietro, di tornare al passato, in un’evoluzione continua e immobiliare che mira a staccarsi da tutto ciò che questa strada rappresenta. Le persone che vivono qui nel tempo hanno fondato un vero e proprio microcosmo di affetti e modelli anche sociali, senza però riuscire mai ad amalgamarsi con il resto della città.

Le immagini che parlano del sociale

La narrazione di questo film, infatti, si spezza fin dall’inizio in due, mettendo in scena da una parte la storia del suddetto gruppo di persone e dall’altra quella di una Philadelphia più oscura, tenebrosa e ombrosa, quella di una Philadelphia criminale che non ha alcuno scrupolo nel togliere la vita al prossimo. In questo, Concrete Cowboy si fa molto più incisivo, gettando le linee di una trasposizione che, anche attraverso le inquadrature e i movimenti di macchina, si fa diretta testimonianza di una situazione sociale trasversale e problematica. La cura nel rappresentare anche gli sviluppi più dannosi denota un certo tipo di sensibilità soprattutto quando si sofferma sui momenti più crudi, ma anche più umani. Staub come regista dimostra di saper dosare abbastanza bene le varie inquadrature, soffermandosi non soltanto sull’emotività offerta dai vari personaggi (con campi lunghi che urlano qualcosa) ma anche sui dettagli a comporre i luoghi in cui si muovono, senza glorificarne mai  i lati più negativi.

Concrete Cowboy

Il tutto è accompagnato da una fotografia che sa come muoversi su ombre e sfocature, riallacciandosi a quello che i protagonisti stessi hanno dentro, e cingendone i contorni alle volte anche fumosi, privi di una geometria precisa, o scritta nel dettaglio. In questa recensione di Concrete Cowboy, però, vogliamo parlare anche della scrittura generale, andando oltre il discorso sociale. Il film si serve di una sceneggiatura abbastanza altalenante nel suo porsi, accompagnata però da alcune interpretazioni che meritano un minimo di attenzione (prima fra tutti quella di McLaughlin), specialmente se si pensa a quello che potrebbe venire in futuro. Ne esce fuori, dunque, il ritratto di una comunità e di una ricerca da porre in relazione con la realtà stessa che conosciamo, con la continua e smodata ricerca dell’essere umano non soltanto di un proprio posto nel mondo, ma anche di “movimento”, crescita e rispetto per il passato e per il prossimo, avvolgendo una riflessione di questo tipo con le dinamiche di una famiglia che si fa veicolo e mezzo anche di altro, complice l’attenzione alle piccole cose della regia.

Concrete Cowboy

8

Parlare per intero di Concrete Cowboy in una recensione non è affatto facile. Si tratta di un film che parte da alcune dinamiche narrative estremamente classiche, che mettono in scena la storia di un adolescente alla ricerca di se stesso, fondendo però a tutto ciò una riflessione estremamente affascinante dal punto di vista sociale. La scelta del parlare della comunità di Fletcher Street si dimostra interessante, soprattutto per via del fatto che consente al regista di inserire all'interno del film alcuni elementi, anche sensibili, che trascendono la narrazione stessa. L'accettazione, il cambiamento, la ricerca di se stessi, la violenza delle strade, e il continuo avanzare di un progresso umano che non tiene conto dell'umanità stessa, tirano fuori un'anima e una sincerità da tenere sicuramente d'occhio.

Nicholas Massa
Adora i videogiochi e il cinema fin dalla più tenera età e a volte si ritrova a rifletterci su... Forse anche troppo. La scrittura resta un'altra costante della sua vita. Ha pubblicato due romanzi (a vent'anni e venti quattro) cominciando a lavorare sul web con varie realtà editoriali (siti, blog, testate giornalistiche), relazionandosi con un mondo che non ha più abbandonato.

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