Se c’è un genere che, nel panorama videoludico, ha sempre avuto un’aura quasi mitologica, quello è lo stealth-tattico in tempo reale. Pochi brand, in passato, sono riusciti a lasciare il segno come la serie di Commandos, capace di coinvolgere generazioni di strateghi virtuali con la promessa di missioni da vero agente segreto, incastrate nel sempreverde contesto bellico della Seconda Guerra Mondiale, con la tensione sempre sul filo del rasoio. Per chi è cresciuto a pane e punta-e-clicca, con le orecchie ancora piene dei suoni dei turni, dei salvataggi veloci e delle mappe grondanti nemici, la notizia di un nuovo capitolo è risuonata come un tuono improvviso.
Ecco dunque Commandos Origins, un titolo che riporta in auge le vecchie glorie dopo oltre vent’anni di assenza dalla scena (se escludiamo remaster e spin-off poco memorabili). La voglia di rimettersi il basco verde, raccogliere il proprio team d’élite e irrompere dietro le linee nemiche è più forte che mai. Ma quanto di tutto questo entusiasmo si traduce in un’esperienza solida e soddisfacente? Vediamolo nel dettaglio nella recensione.
Un mondo di strategia e pianificazione stealth
Il contesto bellico di Commandos Origins vi riporta nella Seconda Guerra Mondiale, ma con una particolarità narrativa: i protagonisti non sono ancora riuniti in quel leggendario gruppo di combattenti specializzati. Inizialmente, potete contare solo sul Berretto Verde, e di missione in missione incontrerete i volti già cari ai fan della saga: dal Geniere, che può tranciare barriere di filo spinato, al Marine, letale come un siluro negli ambienti acquatici, passando per il Cecchino con la sua precisione millimetrica, la Spia con la Luger silenziata e il Guidatore.
Ogni personaggio ha abilità peculiari, da combinare sapientemente per infiltrarvi tra le fila nemiche, sabotare fortificazioni e compiere azioni che, a uno sguardo profano, paiono impossibili. Tuttavia, proprio questa varietà di opzioni richiede una pianificazione certosina: non basta avere un coltello affilato e una pistola ben carica per risolvere tutto in fretta. Chi conosce la serie sa che la pazienza, la conoscenza delle traiettorie dei nemici e l’uso intelligente delle risorse sono gli ingredienti fondamentali per il successo.
In questo, Commandos Origins eccelle: a un primo colpo d’occhio, ciascuna missione sembra una montagna insormontabile. Immaginate di dover infiltrare una fortezza tedesca costellata di sentinelle, postazioni di mitragliatrici fisse e pattuglie incessanti. Un muro di fuoco che appare impenetrabile. Eppure, un paio d’ore più tardi (e un quantitativo non trascurabile di salvataggio e caricamento rapido), vi ritrovate a camminare indisturbati tra pattuglie messe fuori gioco e obiettivi ridotti in cenere.
È proprio in questi momenti che il gioco mostra il suo fascino: laddove si profilava una strada sbarrata e infinita, ora trionfa il silenzio di un piano compiuto alla perfezione. Rendersi conto di come un manipolo di commandos riesca a smantellare un’intera guarnigione con solo poche munizioni e la giusta dose di astuzia, è estremamente appagante.
Comandi coordinati e momenti di pura sinfonia tattica
Uno degli aspetti più interessanti di Commandos Origins è la “Pausa tattica”: premendo Shift, il gioco si ferma e potete assegnare ordini specifici a ciascun membro della squadra. Potete far sì che il Berretto Verde si appresti a mettere K.O. un guardiano ignaro, il Cecchino prenda posizione su un balcone, il Marine distragga un secondo nemico lanciando un sasso, e nel frattempo il Guidatore prepari un veicolo rubato per una ritirata rapida in caso di emergenza.
Una volta sbloccata la pausa, vi è richiesto di impostare una serie di azioni perfettamente sincronizzate. Quando premete Invio, la missione torna in real-time e, se tutto è stato studiato con precisione chirurgica, si assiste a uno spettacolo quasi coreografico: il sasso rimbalza a terra e attrae l’attenzione della guardia, la sentinella si gira giusto in tempo per ricevere una pugnalata letale, il Cecchino silenzia un terzo nemico che stava per voltarsi e in pochi istanti, un’intera postazione viene bonificata senza colpo ferire.
Questi frangenti di azione coordinata sono il cuore pulsante del gioco. Commandos Origins si anima di momenti che combinano ingegno, timing e un pizzico di spietatezza, restituendo la sensazione di orchestrare una vera e propria operazione militare.
Le sfide dello stealth e la rigidità di fondo
D’altra parte, Commandos Origins non sfugge alle classiche criticità dei titoli stealth. Spesso, la distanza fra riuscita e fallimento si riduce a un singolo millimetro nel cono visivo di una guardia. Un passo di troppo, una selezione sbagliata o un clic dato per errore, e la missione sprofonda in un inevitabile allarme generale. Le meccaniche di movimento e di interazione, per quanto solide, richiedono estrema precisione nel controllo.
In più, gli schemi dei nemici sono notoriamente rigidi: i pattern delle pattuglie si ripetono all’infinito, e la minima disattenzione basta a far saltare l’operazione. In alcuni casi, la necessità di aggirare con precisione matematica la visione delle guardie può risultare frustrante, perché, più che sperimentare con mosse dinamiche, si finisce col cercare il singolo varco giusto e ripetere (o fallire) secondo un copione già scritto.
Questa è la natura dei giochi stealth più classici, e Commandos Origins la abbraccia con fervore. Se da un lato ciò rende ogni successo un piccolo trionfo, dall’altro provoca un trial and error che potrebbe snervare i meno pazienti. Sapere di dover rigiocare diverse sezioni solo perché un personaggio è rimasto selezionato per sbaglio e si è precipitato in mezzo a una pattuglia, vanificando un piano di un quarto d’ora, non è sempre piacevole.
Tuttavia, è un compromesso che i fan storici sono pronti a sopportare, perché il peso della frustrazione è compensato dalla gioia (e dal sollievo) di completare una missione senza aver fatto suonare un singolo allarme.
Il compromesso tra classico e modernità
È impossibile non notare come Commandos Origins cerchi di rendere più accessibili alcune vecchie meccaniche, pur restando fedele all’impostazione tradizionale. Ad esempio, il celebre zaino che aprivamo e in cui frugavamo nella serie classica, ricco di oggetti e strumenti, qui viene sostituito da una barra di icone più minimalista e facile da leggere. Una decisione di design che semplifica l’interfaccia, ma fa perdere parte di quel fascino “old school” che i fan amavano.
Sul fronte visivo, il gioco non cerca di competere con i grandi tripla A: la resa grafica punta più sulla chiarezza che sulla spettacolarità. D’altronde, in un titolo dove i coni visivi e i dettagli delle mappe vanno letti con la massima attenzione, una direzione artistica troppo realistica o carica di dettagli superflui potrebbe risultare controproducente. Il lavoro svolto qui è più che dignitoso: lo scenario è funzionale, le aree di interazione sono ben segnalate e non si perde mai di vista la logica della missione. Allo stesso modo, anche il comparto sonoro risulta adeguato, valorizzando gli effetti di passi, sussurri e armi silenziate. Non è un’orgia di suoni memorabili, ma fa il suo dovere nel favorire l’immersione.
Qualcuno potrebbe aspettarsi delle innovazioni più marcate nella formula, magari una gestione dinamica del ciclo giorno/notte o una maggiore varietà nei pattern delle guardie, ma la verità è che Commandos Origins punta molto su una filosofia “back to basics”. Vuole proporre quell’esperienza di “missioni impossibili” da decostruire con pazienza, e ci riesce senza troppi fronzoli.