Reduci dal prologo, ossia BrokenLore LOW, sempre sviluppato e prodotto da Serafini Production, abbiamo provato BrokenLore: Don’t Watch sapendo – o quasi – a cosa stavamo andando incontro: un horror psicologico con tematiche estremamente profonde e scene angoscianti che ci avrebbe fatto saltare più di una volta dalla sedia e provocato non pochi brividi lungo la schiena. Il gioco è uscito su Steam, come il suo predecessore e i futuri seguiti già annunciati sulla piattaforma dallo sviluppatore, e per la prima volta anche su Playstation 5. BrokenLore: Don’t Watch affronta il fenomeno degli hikikomori, ossia i giovani che si auto recludono in casa propria, in compagnia di videogiochi o fumetti, per fuggire dall’ansia della società moderna e dai problemi della vita adulta. Ecco la nostra recensione!
Chiusi in casa
Il protagonista del gioco si chiama Shinji, e come avrete intuito è appunto un hikikomori, ossia un ragazzo che si è isolato in casa propria e che evita di affrontare i problemi e le paure che derivano dall’ansiante vita moderna degli adulti, come pagarsi un affitto, trovare un buon lavoro, pagare bollette varie e pulire adeguatamente la casa.
Shinji ha un rapporto conflittuale con i genitori che sino a quel momento avevano assecondato il suo comportamento da asociale, ma che improvvisamente decidono di tagliargli i fondi per stimolarlo a reagire e a trovare il suo spazio nel mondo, scatenando nel figlio una reazione piuttosto ostile.
Per tutta risposta, Shinji si ordina una pizza e scansa a fatica un esattore MHK che richiede il pagamento del canone televisivo. Inoltre quando l’amica Junko lo contatta disperata, chiedendogli aiuto per un terzo amico (Hideo, anch’esso hikikomori come loro), fugge dalla pressione sociale creatasi e si isola ancor di più.
Mai errore fu più grande: quando finalmente si decide a rispondere alle ripetute chiamate della povera Junko scopre che l’amico Hideo è morto, trovato in casa in circostanze misteriose, dopo aver chiamato in lacrime la ragazza e pregatole di aiutarlo, invano: il suo corpo straziato è stato trovato privo della testa, come “morso da un grosso animale“.
Incubo a occhi aperti
Da quel momento in poi per Shinji comincia l’incubo: in chiamata al computer con Junko cerca di aiutarla ma la sente urlare terrorizzata, e capisce che deve contare sulle sue sole forze per combattere questo strano demone che perseguita chi, come lui, rifugge la società e le pressioni sociali che ne derivano: un Hyakume, un mostro con cento occhi che, come suggerisce il titolo del gioco, non puoi guardare direttamente, e che inesorabilmente si avvicina alla propria vittima per ucciderla.
Per sconfiggere questo nemico apparentemente imbattibile Shinji deve aver coraggio e affrontare le tante paure che gli attanagliano il cuore nel profondo: il timore anche solo di incontrare la donna che gli ha consegnato la pizza, a cui aveva raccomandato di lasciare il cibo davanti alla porta e di allontanarsi e che non lo aveva ascoltato, i genitori che gli mettono (giustamente) pressioni tagliando i fondi, l’esattore MHK che si presenta a casa sua esasperato, per ricevere i pagamenti del canone televisivo.
Ma questo è solo un assaggio del potere del demone, che gli mette di fronte via via sempre più difficoltà, sino all’inesorabile confronto faccia a faccia con le sue paure più viscerali e radicate nell’inconscio: l’uscire di casa, l’affrontare la vita con le sue difficoltà, che va amata e apprezzata con i suoi inevitabili alti e bassi, ma in una realtà distorta e manipolata dal demone per renderla un vero e proprio incubo a occhi aperti.
Terrore in pixel art ed effetti sonori 3D
Punto forte del gioco è il comparto audio, godibile soprattutto con delle buone cuffie, che ti immerge a 360° nell’ambiente di gioco e ti fa immedesimare nel protagonista, facendoti sentire avvolto da bisbigli, strani sospiri e rumori non ben definiti, che ti fanno sobbalzare dalla sedia in continuazione.
In alcuni momenti il gameplay diventa più dinamico, anche se si rivela essere comunque una scelta del giocatore (non entriamo troppo nello specifico per non fare spoiler) e ciò influisce poi su quel che saranno il finale e la sorte del nostro eroe: Shinji deve correre e risolvere degli enigmi, il tutto inseguito da un’altra entità di cui tra l’altro possiamo intuirne la posizione grazie appunto al sistema sonoro direzionale ben congegnato, quasi tridimensionale.
I comandi sono semplici e intuitivi, ed è anche disponibile il supporto completo per il controller Xbox, magari più comodo e semplice da utilizzare per alcuni giocatori che non si trovano con mouse e tastiera per quanto i comandi siano facili e limitati a un tasto di interazione e uno per la corsa.
Una menzione speciale bisogna farla allo “squarcio” di gioco in pixel art, già presente anche nel prologo già citato BrokenLore LOW, che arricchisce l’esperienza di gioco e la rende unica e speciale, distinguendosi anche su questo fronte da tanti giochi indie horror che a volte risultano un po’ banali e ripetitivi.
La fine è una fine?
Il gioco ha una durata di circa un’oretta, con la possibilità di godere di tre finali ben distinti: il good ending, il bad ending e un secret ending, sbloccabile eseguendo una specifica sequenza di interazioni all’interno della stanza di Shinji (lo ammettiamo, per scoprirlo abbiamo usufruito di qualche suggerimento ndr).
In particolare però il finale segreto da vita a tutta una serie di domande sul retroscena della storia di Shinji, e da quasi l’idea che ci sia qualcosa di ancora più complesso e articolato dietro le quinte, e che scopriremo i pezzi del puzzle man mano che usciranno tutti gli episodi di BrokenLore.