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Atelier Firis: The Alchemist and the Mysterious Journey Recensione

In un primo trimestre clamoroso a livello di qualitĂ  e quantitĂ  uscite, dove a ridere siamo noi utenti ma a piangere i nostri poveri portafogli, qualche release “minore” rischia di passare in secondo piano; dinnanzi a mostri sacri come Horizon Zero Dawn e Zelda, attesi addirittura per lustri, è piuttosto normale sentirti piccoli piccoli del resto. Se poi uno dei titoli in questione è un Jrpg molto particolare, adatto ad una nicchia della nicchia di appassionati, capite come il discorso precedente ha ancora piĂą valore; stiamo parlando infatti di Atelier Firis: The Alchemist and the Mysterious Journey, 18esimo nuovo capitolo del longevo brand di giochi di ruolo e seguito diretto del precedente Sophie. SarĂ  riuscito il titolo a meritarsi un piccolo spazio fra questi grandi colossi? Scopriamolo insieme!

Atelier Firis: The Alchemist and the Mysterious JourneyIl Mondo Esterno

Sebbene il titolo sia un diretto seguito di Atelier Sophie, non è assolutamente necessario aver giocato il precedente per fruire di questo: semplicemente, farete fatica a cogliere alcuni collegamenti e citazioni, ma nulla che possa impedirvi di vivere una partita completa con questo titolo. Il gioco ci mette nei panni della giovanissima Firis, ragazza cresciuta in un piccolo villaggio di nome Ertona, nascosto fra le montagne e dunque totalmente estraneo al mondo esterno. Mondo esterno che ha da sempre affascinato la giovane Firis, tuttavia impossibilitata ad abbandonare le mura amiche/nemiche; l’incontro con Sophie, la famosa protagonista del capitolo precedente, cambierĂ  però le carte in tavola: Sophie scorgerĂ  in Firis un innato talento per l’alchimia, con il quale quest’ultima otterrĂ  il consenso di uscire dal mondo esterno per superare l’esame generale da alchimista professionista. Firis avrĂ  infatti un anno esatto di tempo per arrivare a Reisenberg, la cittĂ  dell’esame; plot di base che funziona, ma che nuovamente per la serie risulta legato al concetto di time limit. Se vi ricordate, avevamo elogiato Sophie per essersi finalmente liberato del tempo prefissato per fare le cose, donando libertĂ  estrema al videogiocatore piĂą attento ai dettagli; in questo Atelier Firis: The Alchemist and the Mysterious Journey il time limit è tornato, ma fortunatamente molto piĂą permissivo e accessibile rispetto ai capitoli passati. La sensazione è che i ragazzi di Gust abbiano voluto accontentare un po’ tutti, mixando una serie di elementi cari ai nostalgici e altri tanto apprezzati nel piĂą recente capitolo; il risultato è comunque godibile, e ad onor della causa va detto che una volta superato l’esame sarĂ  possibile esplorare liberamente e completare tutto ciò che non abbiamo fatto: una manna dal cielo per i completisti, non c’è che dire.

Rombo vincente

Il gameplay di Atelier Firis è piuttosto classico, ma comunque merita una descrizione appropriata vista qualche differenza dal gioco di ruolo giapponese classico. I combattimenti sono a turni classici, sfruttando una barra di gestione sulla destra che tanto strizza l’occhio al classicissimo Final Fantasy X. Il nostro party è formato massimo da quattro personaggi, disponibili  sul campo unicamente in formazione romboide; il prima linea ovviamente il tank, il personaggio che subirĂ  piĂą danni e che avrĂ  il compito di proteggere le retrovie. Retrovie per forza di cose occupate dalla nostra Firis, dato che non sarĂ  possibile spostarla o gestirla in alcun modo; ai lati saranno presenti personaggi a nostra discrezione, che possono andare dal supporto a quello dedicato unicamente a fare piĂą danno possibile: scelte strategiche dunque non troppo profonde, ma che fortunatamente trovato risvolto nella fase di battaglia dura e pura. SarĂ  infatti necessario avere sempre il controllo della situazione, dei turni e delle skill da utilizzare: la morte è dietro l’angolo in Atelier Firis, e la consapevolezza sul da farsi è fondamentale per riuscire anche nelle battaglie piĂą ostiche. Chiudiamo questo paragrafo citando due importanti novitĂ  per il titolo: il Chain Burst e l‘Atelier portatile. La barra del Chain Burst è presente in alto sulla sinistra, caricabile utilizzando a dovere skill, magie e attacchi; una volta carica, sarĂ  possibile scatenare un potente attacco di gruppo contro il malcapitato di turno, infliggendo ingenti danni; come piccola chicca strategica, sarĂ  possibile utilizzare una parte della barra per proteggere Firis in caso di un pericoloso attacco, utilizzando uno dei nostri personaggi come scudo. L’Atelier portatile permetterĂ , esclusivamente in zone predisposte, di accamparci per recuperare salute, riposarsi e gestire l’alchimia; quest’ultima risulta organizzata in modo invariato rispetto ai precedenti capitoli, basata sulla raccolta di oggetti e sulla riuscita di un minigioco speciale che permetterĂ  di craftare gli oggetti migliori.

Atelier Firis: The Alchemist and the Mysterious JourneyLa bilancia della tecnica

Tecnicamente parlando, Atelier Firis: The Alchemist and the Mysterious Journey vive su due poli contrapposti: se da un lato i personaggi sono squisitamente realizzati, specie quelli principali, non possiamo dire lo stesso dei fondali e del background in generale. Gli sfondi, il mondo esterno e i dungeon risultano si artisticamente ispirati, ma piuttosto poveri in fatto di poligoni; purtroppo la differenza si nota parecchio, specie quando si osservano le meravigliose espressioni di Firis e dei suoi compagni a dispetto di un fondale povero e scarno. Se il motore di gioco risulta oramai datato, non possiamo dire lo stesso delle tracce audio: tutte ottimamente realizzate, risultano molto spesso azzeccate alla situazione e mai noiose o ripetitive; situazione condita dalla possibilitĂ  di scegliere la traccia audio da ascoltare durante le nostre pause, con la possibilitĂ  di scegliere anche qualche pezzo dai precedenti titoli. Per quanto concerne la longevitĂ , non possiamo affatto lamentarci: stiamo parlando di una storyline della durata di circa 30 ore, con possibilitĂ  di aumento grazie ai numerosi dungeon, all’alchimia e alle quest secondarie; piccola nota di demerito è la mancanza di localizzazione italiana: nulla di troppo difficile, ma vi sconsigliamo di acquistare il titolo se non masticate un minimo di inglese.

Nicolò "Nico" Fratangeli
Nato col videogioco nel sangue, riceve a sei anni la sua prima console: l'indimenticabile SNES; distruggendo joystick a furia di Donkey Kong Country e Super Mario, riceve un paio di anno dopo l'amore della sua vita: Sony PlayStation. Console che l'accompagnerà per tutta la sua carriera videoludica, tantè che la ritroviamo attaccata e funzionante nella sua cameretta, appena sotto le sorelle maggiori. Da buon collezionista e amante di retrogaming passa parte del tempo su Ebay a cercare qualche chicca Retrò, ritrovandosi ogni volta in lacrime alla vista del prezzo di Suikoden II PAL.

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