In giro abbiamo visto titoli brawler di ogni tipo, ma c’è da dire che riuscire ad abbracciare il genere dei battle royale con un gioco di questo tipo non è di certo un’impresa facile, considerando che non sono molte le opere che sono riuscite a ottenere un obiettivo del genere. Vogliamo oggi approfondire l’esperienza di Rumbleverse, un vero e proprio picchiaduro battle royale su cui abbiamo avuto modo di mettere mano a fondo, e che per fortuna ha chiarito i dubbi nati sin dalla fase di annuncio nel giro di davvero pochi minuti, con limpidezza delle meccaniche e una semplicità di fondo che di certo non guasta mai. Scopriamo quindi in questa recensione di Rumbleverse i dettagli in merito all’esperienza atipica che sta venendo apprezzata da molti fan e che potrebbe rientrare nel giro di qualche tempo nell’olimpo dei giochi battle royale di maggior successo.
Botte da orbi in pista
Senza che spiegazioni troppo approfondite si parino davanti ai giocatori, questi vengono sin da subito lanciati in campo a combattere con altri utenti novizi (o circa) come loro. Ecco quindi che si ha modo con un comodo menu presente in pre-partita di imparare le mosse di base con cui divertirsi, e le pochissime combo e opzioni possibili, visto che il titolo è come accennato pensato proprio per risultare facile. Rumbleverse rappresenta l’atipico “più facile a farsi che a dirsi”, ed ecco infatti che nel giro di qualche minuto ci si trova a conoscere bene o male tutto quello che serve per poter fronteggiare i nemici, con ore di allenamento che ovviamente migliorano le possibilità dei giocatori.
Non c’è da immaginare nulla di simile a un picchiaduro di stampo classico, come Street Fighter a Tekken, perché il titolo è pensato per non avere (quasi) combinazioni, e per puntare tutto su uno stile in terzo persona che serve ai giocatori per provare a prevedere le mosse degli avversari al fine di destreggiarsi al meglio nella mappa e prevederli, vincendo via via gli sconti. Non mancano delle utili mosse e degli oggetti da trovare per avvantaggiarsi, con tattica e coordinazione che risultano fondamentali al fine di essere l’ultimo lottatore in partita, seppur vada sottolineato che neanche il gioco si prende più di tanto seriamente, e che di conseguenza risulta possibile divertirsi anche senza grosse abilità.
Dobbiamo sottolineare che è impossibile non immaginare il fatto che gli sviluppatori di Rumbleverse abbiano consultato diversi battle royale prima di dar vita all’opera, in quanto il titolo prende sotto vari punti di vista il meglio di vari generi e opzioni. Che si parli di mappa, durata delle partite, oggetti, e chiarezza, oltre che del sistema di monetizzazione, il gioco è davvero sotto ogni punto di vista rifinito al meglio per abbracciare il feedback che i giocatori hanno fornito giocando ai battle royale nel corso degli ultimi anni.
Ovviamente, il successo dell’esperienza si potrà riscontrare solo nel corso dei prossimi mesi e anni, visto il rilascio appena avvenuto, ma possiamo confermare che dal nostro punto di vista le carte in tavola per un’esplosione positiva ci sono tutte.
Un battle royale rifinito
Partiamo innanzitutto dal fatto che Rumbleverse risulta divertente e non frustrante anche se si finisce prendere colpi senza sferrarne, visto che le code sono brevissime e le partite richiedono a dire tanto una decina di minuti per essere completate, con uno stile che infatti premia la velocità più che il looting compulsivo. Con alcuni limiti, è possibile trovare potenziamenti per i lottatori, oltre che oggetti e abilità da sfruttare, che danno varietà al gameplay e migliorano le performance per la competizione, seppur sia possibile combattere anche senza perdere la testa nel girare ogni lato della mappa per migliorare il proprio lottatore.
Che si parli di un’area che non danneggia in maniera frustrante i giocatori fuori dalla safe zone, penalizzandoli solamente se rimangono fuori con l’espulsione dopo vario tempo, e di bordi che si muovono a ritmo con il giocatore e si fanno quindi raggiungere velocemente: la mappa di Rumbleverse è probabilmente quella strutturata meglio di tutti i battle royale su cui abbiamo avuto modo di mettere mano. Questa è calibrata al meglio per non rendere l’esperienza frustrante da ogni punto di vista, e permette ai giocatori di incontrarsi e scontrarsi di continuo, evitando che quindi ci si annoi in scenari inutilmente espansi.
Un’altra caratteristica da cui di sicuro gli autori hanno “scopiazzato” in maniera saggia è il sistema di monetizzazione del titolo. Parliamo infatti di un free-to-play disponibile e fruibile senza alcun costo aggiuntivo, e che anzi dalle microtransazioni non fa ricavare ai giocatori alcun tipo di vantaggio. Fra il suo battle pass, con ricompense gratuite e non, le sue missioni e il suo armadietto, Rumbleverse ci ha ricordato a più riprese Fortnite, che con il proprio sistema di ricompense strega i giocatori ormai da anni, ed è di sicuro il punto di svolta da tenere d’occhio quando si immagina un modo per monetizzare la propria esperienza.