Quello della realtà virtuale è un panorama videoludico tutt’ora in divenire le cui radici devono invero ancora riuscire ad aggrapparsi con forza al freddo terreno. Indipendentemente che si parli di Oculus Rift, HTC Vive o Playstation VR, risulta impossibile potersi esprimere con toni entusiastici; alla fine dei conti, è indubbio che il nuovo concetto di “vivere il videogioco” venga ancora visto con una certa diffidenza da parte del pubblico, da sempre abituato a godere delle esperienze offerte dal media da dietro uno schermo piuttosto che dentro quest’ultimo. Si parla di nuove tecnologie, interessanti possibilità che rappresentano veri e propri esperimenti nell’industria videoludica capaci di nascere, espandersi o morire miseramente innanzi al più impercettibile schiocco di dita. In un panorama come quello appena descritto, risulta quindi chiaro a tutti come ogni nuova produzione pensata specificatamente per questa nuova branca del gaming venga vista sempre con estrema curiosità, e The Persistence non fa certo differenza.
La creatura targata Firesprite, software house nata dalle ceneri di SCE Studio Liverpool conosciuta soprattutto per aver dato vita a Wipeout 2048 e per aver lavorato al brand di Formula 1, si è fin da subito mostrata agli occhi del pubblico in forma smagliante, con un comparto ludico apparentemente solido e capace di conquistare tutti gli affezionati possessori di un Playstation VR. Con un team di sviluppo costituito da veterani in ambito di realtà virtuale e ben desideroso di mostrare nuovamente al mondo le proprie capacità, l’opera ha così preso lentamente forma fino a giungere alla sua versione finale, un risultato che abbiamo assaporato con estrema calma per poterne studiare nel dettaglio ogni più piccolo elemento distintivo. L’attesa è stata indubbiamente lunga e snervante, ma finalmente siamo pronti a darvi il nostro giudizio finale sull’epopea di casa Firesprite. The Persistance è davvero la killer-application per Playstation VR in cui molti confidavano?
Nello spazio, nessuno può sentirti urlare
L’avventura di The Persistence inizia in maniera quantomeno burrascosa, con una voce fuori campo che andrà narrandoci alcuni dei terribili avvenimenti presentatisi a bordo della nave spaziale Persistence. Pochi secondi preparativi ed eccoci espulsi da uno strano macchinario, confusi e spaventati per l’inatteso risveglio che ci ha colti totalmente alla sprovvista. Nel nostro totale smarrimento troviamo però un pizzico di conforto nella rassicurante voce di Serena (membro dell’equipaggio miracolosamente sopravvissuto agli orrori delle ultime ore), la quale tenta immediatamente di metterci a nostro agio fornendoci le informazioni su quanto precedentemente accaduto sulla stazione. Quello in cui ci troviamo non è il nostro corpo, bensì la fotocopia di un membro dello staff in cui la nostra coscienza è stata trasferita dopo la nostra effettiva morte, provocata da terrificanti creature che hanno cominciato a popolare ogni angolo della Persistence dopo che questa è stata tragicamente inghiottita in un buco nero. L’evento ha ovviamente portato al collasso di tutti i sistema interni della nave, di fatto lasciandoci in balia dello spazio e condannandoci a divenire cibo per abominevoli mostruosità.
In quanto ultimi sopravvissuti ancora in grado di muoverci in libertà per gli angusti corridoi della stazione, sarà quindi nostro compito muoverci in lungo e in largo per le numerose ambientazioni di gioco con il fine ultimo di riattivare tutte le apparecchiature necessarie per poter tornare finalmente a casa tutti d’un pezzo. Purtroppo The Persistence offre una componente narrativa poco incisiva e piuttosto comune nei canoni del genere horror. Abbiamo la protagonista disperata, la voce esterna pronta ad aiutarci, il disastro da cui è scaturito il tutto e un obiettivo da raggiungere a ogni costo, con qualche intermezzo narrativo di tanto in tanto in cui si cerca di dare maggior solidità al tutto. Ciò che più di ogni altra cosa manca all’esperienza per riuscire a conquistare davvero, è il contesto di fondo, un maggior approfondimento dell’universo scenico messo in piedi dagli sviluppatori che avrebbe contribuito a rendere il mondo di gioco ancor più affascinante. Ammetterlo dà una strana sensazione, ma la mancanza di file audio o testi scritti spesso utilizzati in ambito videoludico proprio per dar maggior spessore alla “lore” di fondo – considerandone l’abuso ai giorni nostri – si è fatta tristemente sentire, ed è un peccato constatare come la risposta ad alcuni quesiti venga quasi data per scontata.
Ciò detto, è doveroso specificare che l’avventura è tutt’altro che un buco nell’acqua e anzi, ha saputo intrattenerci dal principio fino ai titoli di coda offrendo anche qualche interessante momento scenico unito a piacevoli situazioni da vivere in prima persona, al punto tale da presentare addirittura diversi finali. La stessa presenza di protagonisti ben lontani dall’essere senza macchia e senza paura rappresenta un’azzeccata introduzione all’interno del comparto scenico, lì dove spesso e volentieri saremo assaliti da dubbi e paure che rappresentano il cuore pulsante del fragile animo umano. Indubbiamente, parte del merito per cui l’avventura si sia rivelata capace di mantenere sempre alta l’attenzione del giocatore è da conferire all’affascinante setting sci-fi: dal gusto spiccatamente horror che permea con estrema forza ogni singolo minuto in-game che andremo a vivere, è un lavoro portato avanti con grande dedizione che a questo punto non possiamo far altro che promuovere a pieni voti.
Terrore a 360°
The Persistence si configura come esperienza survival horror piacevolmente amalgamata a meccaniche stealth e in puro stile rouge-like, un tanto curioso quanto interessante mix rivelatosi capace di portare a un risultato di grande qualità. Di base, tutto quello che il gioco ci chiederà di fare sarà muoversi da un punto all’altro della mappa di gioco per compiere una qualche azione specifica necessaria per poter progredire nell’arco narrativo, un concept molto semplice e rischiosamente monotono che è fortunatamente andato sviluppandosi in maniera brillante. Fin dai primi istanti in-game, sarete messi in una situazione di massimo pericolo da cui difficilmente potrete avere la meglio. Gli enormi labirinti di stanze e corridoio che andranno a costituire la Persistence saranno infatti popolati dalle fameliche creature oramai padrone dell’intera stazione e capaci di scattare in una carica cieca e violenta al più impercettibile rumore. Peggio ancora, la nostra protagonista sarà malamente equipaggiata e ben poco addestrata per il combattimento, fattore che la renderà facile preda di qualsiasi mostruosità dovesse malauguratamente individuarla.
Il primo elogio che ci sentiamo di muovere riguarda l’incredibile tensione che ha saputo pervadere la nostra intera partita, la quale ha saputo mantenerci in un costante stato d’allerta spesso sfociato in un boato di grida isteriche nel momento in cui le cose sono inevitabilmente andate degenerando. È indubbio che il genere dei survival horror possa enormemente beneficare della realtà virtuale, e The Persistence ne è un esempio lampante, lì dove ogni angolo od oscuro anfratto potrebbe nascondere inenarrabili pericoli pronti a saltarvi direttamente in faccia. Proprio in ragion di ciò, gli sviluppatori hanno ben pensato di mettere in piedi una struttura ludica fortemente incentrata su elementi spiccatamente stealth, di fatto sconsigliando vivamente di vivere l’avventura caricando i nemici a testa bassa. Buona parte dell’avventura la passerete acquattati in un angolo e camminando in punta di piedi nel tentativo di passare inosservati mentre animaleschi versi andranno rimbombandovi nelle orecchie, segno inconfutabile di una vicina minaccia.
Peggio ancora, non di rado dovrete muovervi nel buio più totale cercando di orientarvi con le flebili luci che ancora funzionano all’interno della stazione. Nonostante sia infatti possibile utilizzare una torcia comodamente montata sulla nostra tuta, basteranno pochi minuti per rendersi conto di come anche gli avversari riescano a tener conto delle fonti d’illuminazione esterne, fattore che renderà estremamente difficile riuscire a muoversi alle loro spalle nel caso in cui il nostro faretto dovesse essere acceso. La scelta risulta indubbiamente azzeccata e conferisce all’opera un pizzico di tatticità aggiuntiva decisamente apprezzabile, con il giocatore di turno che continuerà a domandarsi perennemente cosa sia meglio fare; restare al buio rischiando di conseguenza di ritrovarsi improvvisamente faccia a faccia con il nemico, oppure illuminare l’ambiente circostante nella consapevolezza che ciò potrebbe attirare attenzioni indesiderate? Fortunatamente, però, gli sviluppatori hanno ben pensato d’offrire all’utente anche un’utile scappatoia vitale per evitare di essere fatti a pezzi decine di volte, un importante aiuto rappresentato da un vero e proprio radar che, una volta attivato, ci permetterà di visionare per alcuni brevi istanti qualsivoglia minaccia si trovi a pochi metri di distanza. Vista la palpabile utilità del gadget in questione, al fine di evitarne l’abuso il team ha ben pensato di legarlo a uno specifico consumabile – tale “materia nera” – che nonostante la sua ricarica automatica andrà esaurendosi molto velocemente.
Nasci, muori, migliora
Ciò che più di ogni altra cosa ci aveva incuriosito a riguardo di The Persistence riguarda la sua peculiare struttura rogue-like, un’aggiunta a cui abbiamo reagito in un misto tra timore ed eccitazione. Sostanzialmente, ogni qualvolta che verremmo uccisi in-game, rinasceremo in un piccolo hub da cui ricominciare il livello, solo che al nostro nuovo tentativo ci ritroveremo in una mappa totalmente diversa da quella percorsa in precedenza. Se narrativamente parlando la spiegazione per tale evento si è rivelata alquanto “labile”, sotto una prospettiva più propriamente ludica il tutto funziona divinamente, conferendo all’opera quel pizzico in più di carisma che non guasta mai. Non solo la conformazione delle mappe di gioco andrà variando di tentativo in tentativo, ma anche la posizione di obiettivi principali, oggetti, potenziamenti e nemici sarà totalmente stravolta. Una peculiarità che ha saputo spazzare via quel rischioso senso di frustrazione che spesso viene presentandosi nelle proprietà intellettuali desiderose di spingere l’acceleratore sul fattore difficoltà, e che si è rivelata addirittura capace di rendere il Game-Over un momento di piacevole sollievo agli occhi dell’utente stesso.
I ragazzi di Firesprite hanno infatti lavorato alacremente per portare alla luce un’esperienza che fosse non solo divertente da vivere, ma anche variegata e piacevole da giocare. Il titolo presenta al suo interno un’invidiabile varietà, con ben diciotto armi ottenibili attraverso specifiche strutture sparse per la mappa – tra cannoni antigravità con cui scagliare gli avversari contro le pareti della stazione e granate teletrasportatrici che disintegrano qualsiasi cosa ci si pari innanzi – e un’apprezzabile bestiario di creature affrontabili, che spaziano da enormi colossi capaci di eliminarvi in un sol colpo a terrificanti figure femminili in lacrime praticamente impossibili da eliminare e capaci di teletrasportarsi per decine di metri che sono state capaci di farci prendere un considerevole numero d’infarti. Oltre a tutto questo, sarà poi possibile potenziare il proprio alter-ego digitale sotto numerosi aspetti, magari per divenire più silenziosi o per resistere a un maggior numero di colpi, utili potenziamenti a cui si andranno ad affiancare particolari schemi olografici sparsi in giro per l’ambiente di gioco che una volta acquisiti potranno essere sfruttati per ottenere una lunga serie di abilità passive estremamente utili. Proprio in ragion di ciò, ne consegue che un’altra colonna portante dell’esperienza può andare riassumendosi nell’esplorazione del mondo di gioco, il quale sarà straripante di codice genetico, la moneta utilizzabile in-game necessaria per poter effettuare qualsiasi acquisto o potenziamento. Aggiungete a tutto questo anche la possibilità di trovare corpi aggiuntivi da “fotocopiare” per poter ottenere altri miglioramenti di vario tipo, e di colpo capirete come mai l’avventura di The Persistence sia riuscita a tenerci incollati al visore per una buona decina d’ore senza mai risultare stancante.
Fantascienza in salsa VR
Come alcuni tra voi probabilmente sapranno, il team di Firesprite e tutt’altro che neofita nei confronti della realtà virtuale. Nel corso degli ultimi anni, la software house ha infatti rilasciato diversi titoli per VR rivelatisi estremamente utili per meglio affinare le tecniche di gioco legate a questa nuova tecnologia, prove sul campo che hanno permesso alla società d’ottenere un’insperata competenza in materia. Proprio in ragion di ciò, siamo rimasti piacevolmente sorpresi nel denotare come The Persistence presenti un sistema di movimento splendidamente equilibrato e capace di dosare con grande cura la rotazione tramite stick analogico e l’accelerazione del cambio di prospettiva. La stessa presenza di tre diversi stili di gioco – standard, comfort e scatto – con cui regolare il visore mettono in chiaro l’indiscussa abilità del team, il quale è riuscito a creare un’opera che saprà venire incontro sia ai giocatori più navigati che a quelli maggiormente sofferenti in termini di motion-sickness.
Dal canto nostro, giocando in modalità “comfort” non abbiamo mai riscontrato alcun tipo di problema e anzi, dopo aver passato intere mezz’ore in giro per la Persistence ci sentivamo ancora freschi come delle rose. Unica nota dolente dell’intera esperienza riguarda il mancato supporto di move e Aim Controller, un’inspiegabile decisione che si è fatta molto sentire, seppur non sia andata in alcun modo a rovinare il godimento generale dell’avventura grazie a un sapiente utilizzo del Dualshock 4 per muoversi e dell’head-tracking per mirare. D’eccellente qualità si è poi rivelato il profilo tecnico del titolo, con ambientazioni estremamente affascinanti e caratterizzate da uno spiccato sapore lugubre che ha saputo conquistarci, splendidi giochi di luci e ombre, texture dettagliate, ottime animazioni e un character-design delle creature che per quanto non indimenticabile, ha saputo fare il suo sporco lavoro. Infine, a chiudere il tutto, ci pensa una componente sonora di gran pregio, in particolare grazie a un piacevole doppiaggio inglese sottotitolato in italiano accompagnato da rumori ambientali perfettamente riprodotti, tra versi animaleschi emessi dalle creature che andremo incontrando e rumori metallici capaci di farci gelare il sangue nel mentre che i nostri passi riecheggeranno rumorosamente nei lunghi corridoi della nave.