Chrono Cross è un leggendario JRPG a turni dell’epoca PlayStation 1 che ha segnato un importante passo avanti nella storia dei videogiochi di ruolo che oggi tutti conosciamo. Ci è riuscito, cambiando in modo intelligente il genere, grazie a un gameplay estremamente stratificato, oltreché a una narrativa di altissimo livello e una colonna sonora che ha fatto sognare milioni d’appassionati. A far riaccendere la vecchia fiamma per un titolo talmente stellare ci hanno però pensato dei numerosi e corposi leak che prevedono il possibile annuncio di un remake o di una remastered di Chrono Cross addirittura per questo dicembre 2021, durante un potenziale evento PlayStation. Nonostante ciò, anche se le numerose voci di corridoio si dovessero rivelare false, stiamo comunque parlando di un prodotto di altissimo valore per il nostro media preferito, al punto da rappresentare uno dei titoli che più di tutti vorremo rivedere in questa generazione, magari con un gameplay più intuitivo e una veste grafica totalmente rinnovata.
Il grande valore della storia originale
Come potrete immaginare dal titolo, le vicende di Chrono Cross sono basate sul concetto di tempo e di manipolazione temporale. Tuttavia, la narrazione predisposta dagli sviluppatori non si è fermata al semplice escamotage letterario dei viaggi impossibili, ma ha imbastito una vera e propria epopea in livelli Dimensionali differenti, con una cura per i dettagli per certi versi quasi maniacale, tipica del mondo nipponico. Infatti, quel sapore marcatamente orientale mostra una passione estrema nella realizzazione di ambientazioni poetiche e di una storia matura, anche se mai pesante. Ma andiamo più a fondo nelle vicende anche solo per sfiorare l’enorme potenziale dell’opera, in questo che vuole essere un breve racconto del prologo.
Serge è un giovane ragazzo che vive nel villaggio di Anri, un luogo in una terra paradisiaca. Il suo mondo è inizialmente magnifico, colorato con il blu del mare, il verde della vegetazione e l’arancione della sabbia e della terra che si mischiano in una magica tavolozza di colori. Un universo nel quale una musica tranquilla e gioiosa fa da sfondo a un’esistenza quasi fuori dal comune. Una terra dove il giovane Serge è libero di muoversi, di dare spazio alle proprie ambizioni, e anche al proprio affetto per Leena, una giovanissima coetanea della quale è profondamente e tacitamente innamorato. Il fanciullo, pieno d’amore, si spinge quindi a cercare per lei delle rare perle, localizzate in un luogo impervio e pericoloso vicino ad Anri, con lo scopo di farne dono. I preziosi sono però protetti da delle creature che gli fanno rischiare la vita, ma che non riusciranno ad arrestarlo nel suo intento. Tornato indietro dalla propria amata, entrambi si trovano sul litorale di una spiaggia, uno vicino all’altra in un momento di grande pathos, quanto improvvisamente un’onda anomala, di quelle alte oltre ogni limite, spunta all’orizzonte.
La situazione lascia impietriti i giovani che vengono in pochi istanti travolti dal disastroso evento che fa a pezzi le loro vite. Eppure, proprio poco prima di essere travolto, Serge viene protetto da una sorta di barriera quasi eterea, qualcosa che lo difende dalla furia distruttrice dell’acqua ma che gli fa perdere i sensi. Il giovane si risveglia sulla spiaggia e resta sorpreso da quello che è appena accaduto. Tutto gli sembrava così dannatamente reale, ma guardandosi attorno non sembravano esserci i segni della catastrofe. Sconvolto ma determinato, Serge parte quindi in viaggio per cercare la sua amata Leena, desideroso di raccontarle tutto. Ma una tragica e ancora più crudele realtà lo attende, qualcosa che spezzerebbe l’animo di ogni uomo. Il giovane, infatti, prova a parlare alla sua amica una volta trovata, ma lei per una ragione inizialmente ignota, dice di non conoscerlo. Anzi, qualche momento dopo gli svela di conoscere il nome del ragazzo che lui dice di essere, ma di sapere che quella persona era morta annegata dieci anni prima. Serge si ritrova quindi prigioniero di una dimensione parallela, quando incontra Kid, una giovane guerriera con la quale intraprenderà un nuovo viaggio alla scoperta di se stesso.
Sono queste le tragiche ma poetiche vicende che fanno soltanto iniziare il cammino del buon Serge alla ricerca della verità e di un riconoscimento della propria persona, passando da folli e brillanti passaggi quasi surrealistici, in una sorta di magico e più roseo universo di Lynchiana memoria. La storia di gioco non è quindi semplicemente un banale pretesto per andare avanti nell’avventura, quanto più qualcosa di profondo e magico, qualcosa che vale decisamente la pena di raccontare in un videogame. Come in ogni grande opera, però, non mancano le imperfezioni, visto che durante le avventure del protagonista sarà possibile mettersi in contatto con ben 45 compagni di viaggio, non tutti purtroppo sempre ottimamente realizzati, e talvolta anche poco ispirati. Eppure, questa e altre piccole mancanze, come alcuni cliché e una realizzazione a tratti molto caotica della narrativa, non bastano a guastare una storia che ha qualcosa di speciale da dire ancora oggi.
JRPG a turni di grande qualità
La storia è quindi uno degli elementi più riusciti del team di Masato Kato e di quella che al tempo era Square Soft (odierna Square Enix), ma anche il lato ludico riesce comunque a stupire ancora oggi per la profondità del sistema ruolistico e per il livello di enorme complessità che è presente sia sul lato tattico che strategico. Il gioco è infatti figlio di un’epoca, e di una visione artistica molto specifica, nella quale i videogiochi erano intesi come sfida, come se fossero un viaggio pieno di peripezie, dove sia il player che il protagonista sopportavano insieme prove di grande difficoltà per raggiungere una meta. Infatti, il progetto metteva in campo un complesso ma a suo modo geniale sistema di debolezze e di resistenze elementali. Queste ultime venivano mischiate con attacchi preparatori di tipo fisico, e con una certosina struttura strategica prima del combattimento. Non parliamo semplicemente di mettere insieme qualche regola d’ingaggio del proprio party, ma di mettere sul tavolo una vera e propria arte bellica atta ad affrontare sempre nuovi e specifici nemici, ancor prima di posare gli stivali sul campo di battaglia.
Era per esempio possibile strutturare i vari tipi di attacchi in base alla classe d’appartenenza e di potenziarli o depotenziarli secondo un rigido schema a scaglioni. Inoltre, il titolo permetteva di salire di livello ed esperienza soltanto affrontando i Boss di ogni area, con la conseguenza che non era possibile effettuare intense sessioni di farming di nemici minori per così superare in potenza i boss. Questo fattore, misto a un complicatissimo sistema di effetti primari e secondari delle abilità, garantiva un gameplay dalla profondità invidiabile. Forse, oseremmo dire, persino eccessivamente complesso se confrontato con le moderne iterazioni dei giochi di ruolo a turni. Su questo punto, in un ipotetico Remake/Remastered di Chrono Cross capiremmo un tentativo da parte di Square d’impostare una doppia modalità di fruizione del prodotto, una che segua pedissequamente i paradigmi del gioco originale e una che si sappia distinguere e magari cercare di snellire delle meccaniche estremamente laboriose, per quanto comunque affascinanti.
Il remake di Chrono Cross che vorremmo
Ci sarebbe ancora tantissimo da dire, come la musica leggendaria di Yasunori Mitsuda, che per il capitolo precedente del gioco, Chrono Triss, rischiò seriamente la vita nella realizzazione del progetto, tanto era immerso fisicamente e mentalmente nell’impegno. O ancora la grande cura della localizzazione in inglese del prodotto, che presentava addirittura una variazione negli accenti dei personaggi per cercare di renderli più unici. Ma dobbiamo purtroppo andare dritti al punto. Di conseguenza, quello che ci piacerebbe davvero vedere in un ipotetico Chrono Cross del futuro, sarebbe un titolo completamente ricostruito dalle fondamenta, con le cutscene che già all’epoca del 1999-2000 facevano gridare al miracolo, questa volta rese ancora più epiche dal potere della tecnologia maturata in questi venti anni. Ci piacerebbe vedere un gioco fedele al passato, ma capace anche di guardare al futuro, con magari due funzioni separate che garantiscano una certa customizzazione dell’esperienza. Non disdegneremmo quindi un’operazione similare a quella ottenuta con Final Fantasy 7 Remake, o a Resident Evil 2, o ancora con la trilogia di Crash. Vorremmo insomma un’edizione che possa far risplendere e al contempo migliorare quella che fu – e in parte è ancora oggi – una vera e propria pietra miliare dei videogiochi. Una di quelle pietre preziose che per quanto invecchiate restano comunque eternamente brillanti.