I tempi sono cambiati o, meglio ancora, sono cambiati i fruitori di un prodotto come quello del cinema, che talvolta resta legato a stilemi e metriche del passato (per fortuna), vedi ad esempio Top Gun: Maverick che ha salvato Hollywood lo scorso anno con incassi stellari in sala. Tuttavia in altri casi lo stesso cinema resta fermo al 1990, con film stand alone senza un vero contesto: exploit fini a sé stessi, e senza ombra di dubbio 65 – Fuga dalla Terra di Scott Beck e Bryan Woods è proprio il caso lampante di un film che, se fosse uscito trent’anni fa, sarebbe stato quasi apprezzato. Oggi viene bocciato su tutta la linea.

65 milioni di anni fa

Mills (Adam Driver) è un corriere spaziale che vive su un pianeta che non è il nostro, tuttavia si evince essere popolato da persone simili in tutto e per tutto agli esseri umani. La vita non è stata gentile con lui, donandogli una figlia affetta da una malattia curabile ma dai costi proibitivi, e per tale ragione Mills si vedrà costretto ad affrontare un viaggio lungo due anni nello spazio profondo per ottenere così i soldi necessari all’operazione della figlia.

Durante il viaggio però le cose vanno storte, e il nostro corriere che trasportava diverse persone poste in criostasi, si ritrova naufrago su un pianeta sconosciuto a lui, che per noi è il nostro, ma nell’epoca dei dinosauri. Assieme al nostro fattorino intergalattico c’è una superstite di 9 anni, Koa (Ariana Greenblatt) la quale non parla la lingua di Mills ma i due trovano il modo di intendersi: la loro missione è quella di raggiungere una capsula di salvataggio per tronare nello spazio.

Al netto di una trama quanto mai scontata che fa acqua da tutte le parti, 65 – Fuga dalla Terra non convince proprio, non solo per i buchi evidenti di trama, ma proprio per lo svolgimento: un viaggio dell’eroe tormentato, banale e fin da subito conosciuto, un rapporto che va crescendo tra i due spazio-naufraghi trito e ritrito, visto già in altre duecento produzioni, con inoltre e un puerile stile estetico, nettamente al disotto delle aspettative (ma del resto, con appena 45 milioni di budget, poteva andare anche peggio).

Cosa sto vedendo?

Un’ora e mezza di banalità consequenziali in 65 – Fuga dalla Terra, con scene al limite del comico che però tentano di prendersi sul serio: difficile evitare lo spoiler, ma schivando quel proiettile possiamo dire che la sfida Uomo Superiore (obbiettivamente la razza umanoide di cui Mills fa parte è tecnologicamente avanti anni luce da noi) contro dinosauro del Cretaceo si è risolta col più banale dei risultati, obbiettivamente senza nemmeno subire un graffio dai dino-rettili che incontra, Adam Driver si rivela essere un uomo d’acciaio irreprensibile, capace di combattere con ossa rotte, squarci nello stomaco e uscirne illeso da morsi e artigliate.

Koa, interpretata da Ariana Greenblatt è un personaggio ambiguo: di certo non l’aiuta il fatto che di base non parli la nostra lingua, e quindi l’affezione che possiamo provare nei suoi confronti è limitata, ma a prescindere da ciò la ragazzina compie da un lato scelte banali (ma così banali da rasentare un problema di ragionamento evidente), mentre dall’altro è capace di un’inventiva straordinaria e crea, talvolta oggetti e strumenti di fortuna davvero geniali; non ci è chiaro il perché di tale dualismo in questo personaggio, ma del resto tutto il film è un festival di controsensi demenziali che però tentano di prendersi sul serio.

I dinosauri, anche loro co-protagonisti della maggior parte delle scene, si ritrovano con una dualità disarmante: di base adorano giocare a nascondino, per sbucare qua e là all’improvviso (e fino a qui nulla di male, dato che sono predatori e vogliono mettersi in vantaggio contro la preda), il problema si pone quando dopo aver compiuto il salto ed aver azzannato il loro bersaglio, semplicemente non facciano altro che prendere mazzate su mazzate, quasi fossero punching ball ambulanti. Se pensate che sia finita qui vi sbagliate: in branchi, i dino-lucertoloni sono forse ancora più stupidi, che si gettano a capofitto contro la faccia di Mills, mentre quando si tratta di attaccare Koa sembra abbiano qualche remora e attendono il “momento propizio” senza un motivo apparente.

65 – Piattaforma errata

Il titolo del film si rifà al contesto del tardo Cetaceo, quando il meteorite che si teorizza abbia estinto la vita sulla Terra, sta per colpire il pianeta azzurro. Di certo è stata sbagliata la distribuzione: fosse stato un film per il piccolo schermo, dedicato a piattaforme come Netflix o Prime Video, forse avrebbe avuto un senso, ma far uscire un film del genere al cinema ha davvero poco significato. Non c’è una scena valorizzata dal grande schermo, e zero pathos nei dialoghi, che si limitano a frasi composte da una sola parola come “famiglia” o “montagna” e “corri!”.

Forse in un contesto pre anni 2000 quando c’era spazio per progetti estemporanei come questo che non avevano bisogno di un seguito, avrebbe avuto senso produrre un film simile, oggi ci sembra un abile spreco di risorse e attori (per carità bravi) che potevano essere impegnati in progetti migliori. 65 – Fuga dalla Terra non aggiunge nulla al genere, né ha nulla da dire, se non l’ennesimo concetto del padre che lascia la casa per dare speranza alla famiglia e che deve affrontare un’odissea (nella quale per inciso si è infilato da solo) per tornare a casa. Lo dimenticherete nella mezz’ora dopo che lo avrete visto o meglio, vorrete dimenticarlo.

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65 - Fuga dalla Terra

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65 - Fuga dalla Terra è un film fantascientifico con protagonista Adam Driver, diretto da Scott Beck e Bryan Woods che si rivela essere un tripudio di banalità e scontatezze disarmanti, al limite dell'idiozia, con tanto di presa sul serio delle situazioni da parte dei protagonisti. Uomo armato di tecnologia superiore contro dinosauri del Cretaceo, secondo voi come poteva finire? Ebbene oltre alla banalità della risposta aggiungete un protagonista immune ad artigli, graffi e morsi senza un apparente motivo, ed avrete il cocktail perfetto su come non si dovrebbe mai stanziare un budget per un film stand alone, così banale che assolutamente non meritava il grande schermo (e probabilmente nemmeno le piattaforme a ben pensarci). Lo dimenticherete presto, ed è un bene.

Tiziano Sbrozzi
Lusso, stile e visione: gli elementi che servono per creare una versione esterna di se. Tiziano crede fortemente che l'abito faccia il monaco, che la persona si definisca non solo dalle azioni ma dalle scelte che compie. Saper scegliere è un'arte fine che va coltivata.

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