Curiosità, titubanza ed estrema sorpresa. Queste sono le sensazioni che timidamente il pubblico mondiale ha provato quando Prey, nuovo titolo sviluppato da Arkane Studios, è stato rivelato all’E3 2016 durante la conferenza di Bethesda. Non è stato chiaro fin da subito di che tipo di titolo si trattasse, se di un reboot dell’omonimo gioco del 2006 o di una nuova IP che condividesse il suo nome solamente per uno strano caso del destino. Dopo un rilascio di informazioni massiccio negli ultimi mesi, il titolo si è presentato sugli scaffali questo 5 maggio, portandosi dietro un fardello non indifferente: dopo le prime prove infatti, in molti sono rimasti interdetti sull’identità nuda e cruda del gioco, che involontariamente oppure no richiama meccaniche e sviluppi molto simili al altri franchise che hanno timbrato il cartellino negli anni passati. Etichettare Prey in questo modo però sarebbe immeritevole, perché ci troviamo davanti ad un titolo ibrido che è riuscito ad attingere spunti da più direzioni e generi, riplasmandoli in qualcosa di del tutto nuovo e tremendamente funzionale. Pronti a risvegliare le vostre molteplici capacità dunque, perché ne avrete davvero bisogno.
Buongiorno, Morgan
Paradossale il modo in cui la prima volta che prenderemo il controllo di Morgan Yu, indipendentemente dalla nostra scelta riguardo al sesso maschile o femminile, ci sentiremo augurare il buongiorno. Sarà tutto fuorché buono, e scoprendo pian piano cosa vi aspetta forse avreste sperato di rimanere intrappolati in quel loop infinito. Dopo che ci libereremo in un modo non proprio convenzionale, dovremo fin da subito fare i conti con la dura realtà, trovandoci faccia a faccia con quella che è la drastica situazione su Talos I. Ci troviamo in un futuro alternativo, nel quale l’allora presidente americano John F. Kennedy non è stato assassinato e dove gli Stati Uniti d’America hanno instaurato una collaborazione con la Russia per poter colonizzare lo spazio. Senza scendere troppo nei dettagli (anche se numerosissimi avranno già giocato la demo gratuita disponibile giorni fa), inizierà un tour guidato all’interno della stazione spaziale, dove il nostro scopo non sarà proprio chiaro fin da subito… Uno dei pregi di Prey che è chiaro e cristallino fin dalle prime battute, è che il gioco non si mostra subito per ciò che è, e si rivela a piccole dosi: sia a livello di gameplay, sia sul piano della trama, Prey è un titolo in continua evoluzione, che permette al giocatore stesso di decidere il proprio destino al di là del filone della trama principale. Ovviamente nemmeno in questa Arkane Studios scopre le carte tutte nello stesso momento e riesce a tenere banco con la sceneggiatura somministrando i contenuti al fortunato/malcapitato giocatore in modo cadenzato. Se ad esempio vi sentirete appagati e sconvolti dopo le prime due ore di gioco, sappiate che vi ritrovate di fronte solamente alla punta dell’iceberg. Prey riesce a coinvolgere a livello narrativo come pochi del suo genere, mantenendo il livello della tensione sulla linea rossa, e mostrandoci poco a poco delle realtà che stravolgeranno completamente i nostri piani e, soprattutto, le nostre idee.
E’ quasi ironico parlare della narrazione senza aver ancora nominato all’effettivo il gameplay, perché tali realtà sono strettamente legate… anche se a seconda del vostro operato non procederanno proprio in parallelo. Come accennavo in apertura, si tratta di un titolo ibrido, nel quale lo studio papà di Dishonored è riuscito a fondere mille e una meccaniche, creando una struttura complessa e articolata sotto ogni piano, che risulterà di conseguenza incredibilmente funzionale. Ovviamente non sarà semplicissimo farci il callo, dato che alcune di esse necessiteranno più di un tentativo (o morte) per essere assimilate al meglio e sfruttate nei modi più giusti. Prey è la sovrapposizione di un GDR ed un first person shooter, diramandosi anche in meccaniche stealth e fondendo strategia ed abilità nelle fasi più concitate. Inoltre questo titolo potrebbe essere considerato un parente alla lontana, ma nemmeno troppo, dei survival horror, presentando almeno un paio delle caratteristiche fondamentali che ci hanno tenuto sotto braccio negli ultimi 10 anni.
Chi fa da sé…
Non lo nego, chiunque si troverà a giocare questo titolo non potrà fare a meno di cogliere alcune analogie in quanto a meccaniche di gioco, o semplicemente a idee proposte: la gestione dell’inventario e di tutti gli oggetti che potremo accumulare ricalca il classico “sistema a valigetta” visto ad esempio in Resident Evil 4, lo skill tree che sembra un omaggio a Deus Ex, oppure i dati e gli audio sparsi per la stazione che senza dubbio ricordano molto quelli ascoltati in Dead Space e Bioshock, e sempre collegandoci ai titoli di Irrational Games potremmo notare similitudini nella gestione dei poteri. Ciò che però si percepisce forte e chiaro, è il marchio di fabbrica stesso di Arkane Studios: molto della struttura che fa da colonna portante in Prey, è senza dubbio ispirata a quella vista in Dishonored 2, partendo dal dualismo “potere ed arma fisica”, passando per l’utilizzo automatico (o quasi) delle cariche psichiche quando la barra è vuota, continuando con il level design articolato ma mai troppo complicato, e finendo con il tipo di interazione con gli oggetti ed il sistema di gestione applicato alle missioni primarie e secondarie.
Nonostante questo, Prey ha un’identità tutta sua e che non ha niente a che fare con ogni singolo titolo nominato poco fa. Procediamo però per gradi. Le abilità di Morgan si dividono in due tipi, umane ed aliene, ognuna con tre categorie che posseggono uno skill tree ciascuna. Per apprendere un’abilità sarà necessario in entrambi i casi disporre del numero di “Neuromod” richiesto, che lasceremo a voi scoprire di cosa si tratta. Per apprendere quelle dei Typhon (la razza aliena in questione) però, sarà prima necessario scoprirle tramite una ricerca, analizzando degli esemplari vivi. Ciò su dovremo fare affidamento fin da subito però sono le armi create dagli umani, partendo dall’immancabile arma contundente (la chiave inglese, decente in danno ed utilissima per le riparazioni) e dal cannone GLOO, prima “arma da fuoco” di cui entreremo in possesso, atta non a danneggiare ma a rallentare o inibire i nemici che ci troveremo di fronte. Ovviamente questa non sarà l’unica arma di cui disporremo e non sarà la sola atta ad indebolire i Typhon. Questi ultimi sono decisamente potenti e di vario genere, e presenteranno varie immunità e debolezze che dovremo a tutti i costi sfruttare per avere la meglio. Possibile combinare effetti di armi e poteri a nostro vantaggio? Assolutamente si. Una delle caratteristiche fondamentali con cui è necessario prendere confidenza già dalle battute iniziali sono il riciclaggio ed il crafting. In giro per la stazione troveremo molti materiali di scarto, rifiuti di ogni genere e metastasi tumorali aliene. Questi oggetti saranno inseriti in un apposito macchinario atti a trasformarli in materiale utilizzabile per creare oggetti da zero (ammesso che disponiamo del progetto), come armi, proiettili, kit medici, kit di riparazione, neuromod e così via.
Ovviamente anche per creare gli oggetti avremo bisogno di un macchinario, che sarà sempre nella stessa zona del riciclatore. I kit medici non sono la nostra unica fonte di salute, ma sarà possibile curarci anche tramite il cibo e grazie a degli operatori (che sono di tre tipi, scientifico, tecnico, e appunto medico), robottini fluttuanti sparsi per la stazione. Strategicamente parlando, potremo anche fungere da esca per sfruttare un altro “oggetto” trasportabile solo a braccio, ovvero le torrette difensive: esse spareranno a vista a qualsiasi organismo corrotto o alieno che riconosceranno grazie alle loro abilità; ovviamente anche queste possono subire danni, e in caso siano ingenti dovremo ripararle con dei pezzi di ricambio per poterne usufruire di nuovo. Già, perché il nostro Morgan dovrà improvvisarsi anche tecnico, smantellando pezzi, riparando giunti elettrici che altrimenti ci infliggeranno ingenti danni, e ovviamente potenziando le armi grazie agli appositi kit. Tutto così facile? Neanche a dirlo, dovremo disporre della giusta abilità e al giusto livello. Tengo a precisare, qualora non lo avesSi ancora fatto, che Prey è un titolo che nonostante la totale libertà che abbiamo di fronte, si rivela una sfida degna di nota già al livello di difficoltà standard e sarà dunque necessario utilizzare ciò che avete a disposizione in modo oculato. Consiglio personale: fate dei salvataggi i vostri migliori amici.
Da preda a predatore
Come avrete potuto capire dall’interminabile elenco riguardante il gameplay, tutte le caratteristiche e le azioni che compiremo in game sono collegate tra loro, una sorta di cerchio che va a collegare tutto. Ciò che però sarà slegato dalla complessa ma semplice logica di Prey, saranno proprio le nostre azioni e le nostre scelte. Prime tra tutti, le missioni: saremo noi a scegliere come e quando procedere con quelle principali, e magari nel frattempo dedicarci ad obiettivi secondari o addirittura dedicarci alla più pura delle esplorazioni. Talos I è infatti esplorabile in lungo e in largo, con oggetti, nemici e molto altro disseminati nella mappa. Non sempre per raggiungere un punto dovremo aspettare infatti di averlo come obiettivo di una missione o disporre della giusta chiave, perché se disporremo di una giusta abilità nell’Hacking o una forza sovrumana potremo spesso farci strada in modo “alternativo”. Le scelte non saranno però solo nell’approccio, ma anche morali: capiterà infatti molto spesso di dover prendere decisioni difficili, sia che riguardino voi, sia che riguardino altri, e non sempre sono scontate come sembra… Vi basti sapere che tutto ciò che farete avrà comunque una conseguenza, che la conosciate subito o no. Ricordate inoltre che non ci sarà l’obbligo di fare piazza pulita dei nemici e che in alcuni casi la fuga sarà la migliore delle ipotesi (sfruttando anche alcuni leggeri difetti dell’IA, che in ogni caso rende notevolmente bene).
La tensione, quella vera
Anche se il gameplay è fresco, affascinante e soprattutto funzionale, accompagnato da una trama narrata in modo impeccabile, la parte che più risulta riuscita in Prey è senza dubbio l’atmosfera stessa: la costante sensazione di essere osservati, la sicurezza che prima o poi qualcosa accadrà o cambierà, la tensione che settore dopo settore salirà vertiginosamente, e il sentirsi impotenti che aleggia alle nostre spalle. Tutto questo è stato possibile grazie ad una creazione maestosa delle ambientazioni, claustrofobiche quando serve e dispersive in altre situazioni, formando un mix di maestosa angoscia. L’insieme è inoltre legato stretto da un level design particolarmente curato nella struttura. Non sarebbe giusto però non rendere onore anche all’altra protagonista a 50 e 50 di questo grande merito: la musica. Posso dire senza peli sulla lingua che mai in un titolo simile mi sono trovato di fronte ad una colonna sonora tanto consona, con crescite graduali o immediate a seconda della situazione e capaci di farci perdere ogni segno di razionalità con poche note. Metterci in guardia, impaurirci, agitarci, senza di lei non sarebbe la stessa cosa. I dettagli grafici sono senza dubbio all’avanguardia, sfruttando saggiamente l’ottimo Cryengine e lasciando poco spazio a cali di frame al secondo. Non sono presenti numerosi bug, a parte alcune piccole compenetrazioni dei Typhon quando si trovano a ridosso delle porte. L’unica grinza, ma neanche eccessivamente grande, sta nei tempi di caricamento tra una zona e l’altra, attesa che non è resa molto interessante dalle poche informazioni fornite dai messaggi. Una nota molto positiva invece riguarda la localizzazione italiana presentata, con un doppiaggio italiano di buona fattura e la completa traduzione dei testi, cosa non proprio scontata negli ultimi anni.
Modus Operandi: questa recensione è stata redatta basandosi sulla versione PlayStation 4 del titolo, dopo aver terminato la storia principale nella sua interezza e dopo aver portato a termine numerosi obiettivi secondari, analizzandone i vari risvolti.